lunedì 16 dicembre 2013

Quando gli alimenti favoriscono il colon irritabile

Quando gli alimenti favoriscono il colon irritabile 

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Per chi soffre della classica "colite" - con questo termine viene definito volgarmente il colon irritabile - occorrerebbe fare attenzione anche ai carboidrati. In particolare a quelli a catena corta, che entrano in diretto contatto con il microbiota intestinale e quindi vengono "sottoposti" a trattamenti specifici da parte dei batteri eubiotici. Il risultato può essere un eccesso di fermentazione, che provoca la formazione di gas, la successiva tensione dell'intestino che quindi provoca dolori addominali. Sarebbe questo il meccanismo fisiopatologico alla base del colon irritabile, almeno stando a quanto riporta una ricerca condotta all'Università Monash di Melbourne, apparsa su Gastroenterology. L'indagine ha preso in esame trenta pazienti con colon irritabile confrontando gli effetti di una dieta a basso contenuto di alimenti ricchi in carboidrati a catena corta, in confronto a quanto avveniva in una popolazione di controllo del tutto normale. In seguito alla dieta la situazione clinica dei pazienti è migliorata, con una diminuzione dei disturbi legati al colon già dopo pochi giorni di trattamento. Il problema è che per arrivare ad un'alimentazione povera di carboidrati occorre eliminare dall'alimentazione quotidiana numerosi alimenti, a partire dai derivati del frumento per arrivare fino ai formaggi freschi e a vegetali come quelli della famiglia delle crocifere e a frutta di uso diffuso, come mele e pere. Per questo, secondo Silvio Danese, responsabile del centro di ricerca e cura delle malattia infiammatorie croniche intestinali presso l'Istituto Humanitas di Rozzano, occorre attenzione prima di prescrivere una dieta di questo tipo da sostenere per tempi prolungati. "E' necessario valutare gli effetti a lungo termine delle restrizioni suggerite sui sintomi del colon irritabile" - ricorda l'esperto, sottolineando come sia necessaria "una valutazione multidisciplinare per non creare problemi nutrizionali nel tempo".
Colon Irritabile

venerdì 22 novembre 2013

Una nuova via per affrontare l’ipertensione

Una nuova via per affrontare l’ipertensione
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Sempre più spesso in medicina i progressi per individuare possibili cure di patologie estremamente diffuse nascono dalla ricerca sulle malattie rare. A questa regola non sfugge lo studio condotto dal gruppo di Luca Rampoldi dell'Istituto Telethon Dulbecco del San Raffaele di Milano, pubblicato su Nature Medicine, che partendo proprio da una rara malattia renale fa ipotizzare una possibile cura futura per l'ipertensione. La ricerca ha infatti fatto luce su un meccanismo che collega l'uromodulina, proteina presente nelle urine, a un rischio maggiore di sviluppare ipertensione arteriosa e danno renale. Il punto di partenza di questo lavoro è stata la scoperta che alcune varianti comuni del gene dell'uromodulina, in particolare della regione che ne regola l'espressione e quindi la produzione, sono associate ad un rischio maggiore di sviluppare ipertensione e danno renale nel corso della vita. In questo studio sono state individuate le basi biologiche di tale associazione. Analizzando decine di biopsie renali e centinaia di campioni di urine di persone con pressione arteriosa e funzionalità renale normali, gli studiosi hanno visto che i livelli di uromodulina variavano in base a precise sequenze nel DNA. In particolare, le persone che avevano delle varianti in grado di metterle "a rischio" di pressione alta o danno renale producevano molta uromodulina, al contrario dei portatori delle varianti protettive. In che modo quindi un alto livello di espressione del gene aumenta il rischio di ipertensione? Studiando i topi i ricercatori hanno visto è emerso che un aumento della produzione di uromodulina determina la comparsa di ipertensione già in giovane età, ma soprattutto hanno individuato una possibile soluzione, probabilmente perché la proteina favorirebbe il riassorbimento di sale e acqua a livello renale.
Ipertensione

lunedì 18 novembre 2013

Adipe e neoplasia mammaria, rapporto sempre più stretto

Adipe e neoplasia mammaria, rapporto sempre più stretto 
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L'obesità, in particolare se a livello addominale, rappresenta un formidabile motore di sviluppo per le cellule neoplastiche. L'incremento del tessuto adiposo infatti favorisce un incremento nella crescita delle cellule tumorali e anche delle dimensioni della massa neoplastica, almeno per quanto riguarda il tumore mammario. Ad aggiungere un ulteriore tassello alle conoscenze in questo ambito - da tempo si sa che l'obesità è un fattore di rischio per lo sviluppo di neoplasie in postmenopausa - è una ricerca apparsa su Breast Clinical Research condotta dagli scienziati dell'Università Tulane di Neuw Orleans.. Lo studio ha preso in esame l'attività di specifiche linee di cellule staminali adipose, valutando il loro effetto sulla crescita delle unità tumorali.
Adipe e Neoplasia mammaria

martedì 12 novembre 2013

Come comportarsi di Fronte all'ipotiroidismo

Come comportarsi di fronte all’ipotirodismo?
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Riconoscere eventuali problematiche della tiroide è fondamentale per monitorare al meglio il benessere dei pazienti. In questo senso, fondamentale appare soprattutto ipotizzare un quadro, in particolare di ipotiroidismo spesso subclinico, anche in assenza di sintomatologia chiara. Secondo Marcello Bagnasco, docente di Medicina Interna all'Università di Genova "nelle persone avanti con gli anni un calo della funzione della tiroide potrebbe anche far pensare alla depressione o comunque ad un'involuzione e può anche peggiorare un eventuale stato di deterioramento psichico. Importante è anche definire con precisione il quadro in previsione di una gravidanza, perché un compenso ottimale dell'ipotiroidismo materno è necessario per uno sviluppo ottimale del feto". La gravidanza e il successivo puerperio sono comunque fasi della vita femminile che vanno monitorate con grande attenzione. La donna, infatti, può andare incontro a fenomeni autoimmuni con la formazione di anticorpi diretti contro le cellule della ghiandola e conseguente distruzione di tessuto tiroideo da parte del sistema immunitario. Il fenomeno porta a liberazione di ormone e quindi ad un lieve quadro di tireotossicosi cui fa seguito un quadro di ipotiroidismo che spesso è solo transitorio e rimane solo in una parte dei casi. Questa situazione compare verosimilmente per le modificazioni del sistema immunitario nel periodo che segue il parto ed appare legato al superamento della relativa depressione del sistema immunitario che si instaura in gravidanza, per far sì che il corpo materno possa "tollerare" il feto. Il rischio che si sviluppi un quadro di questo tipo, peraltro, non è bassissimo e va sempre tenuto presente. Secondo dati recentemente raccolti in Liguria più del quindici per cento delle donne che terminano la gravidanza può presentare la situazione, specie se la donna già prima della dolce attesa ha una positività per autoanticorpi specifici contro la tiroide nel sangue
Ipotiroidismo

giovedì 7 novembre 2013

Diabete e osteoporosi, il rapporto è complesso

Diabete e osteoporosi, il rapporto è complesso

E' davvero difficile da estrinsecare il rapporto che esiste tra diabete ed osteoporosi. Intuitivamente si potrebbe pensare che il calo ponderale consigliato nelle persone con diabete possa in qualche modo essere positivo per la debolezza ossea, ma non sempre è così, anche per particolari componenti metaboliche che non si possono sottovalutare. Mentre nel diabete di tipo 1 ad essere alterata è soprattutto la capacità di formare nuovo tessuto osseo - fatto che comporta un bilancio "negativo" a livello dello scheletro - nel tipo 2, paradossalmente la massa ossea risulta addirittura aumentata, ma ad essere compromessa è la qualità dell'osso. Quindi, in qualche modo, esiste una profonda differenza all'origine della comorbilità, che va sempre tenuta presente. Sotto l'aspetto biochimico infatti le fibre collagene presenti nella matrice dell'osso nella persona con diabete di tipo 2 subiscono una glicosilazione. In pratica quindi l'eccesso di glucosio registrabile con l'incremento della glicemia diventa una sorta di collante sulle proteine, che ne altera la qualità. A questo processo non sfugge certo il collagene. Il risultato di questa situazione è che l'osso può risultare addirittura maggiormente fragile ed esposto a fratture, a fronte di una densità ossea che può apparire aumentata. Se a questo si aggiunge che l'osteoporosi, così come il diabete di tipo II, tende ad aumentare con l'età e che con il passare degli anni cresce anche il rischio di cadute, il rapporto tra le due patologie appare ancora più stretto.
Diabete ed osteoporosi

lunedì 28 ottobre 2013

MICOEDITORIALE OTTOBRE FINGOLIMOD VS SM

MICOEDITORIALE OTTOBRE FINGOLIMOD VS SM 

Micomedicina

Eccoci di nuovo con il nostro consueto appuntamento gentili sostenitori della Micomedicina. Questo mese riprendiamo una notizia apparsa nella scorsa estate sullo studio di fase III Transforms presentato al congresso dell’European Neurological Society svoltosi a Giugno a Barcellona, che ha dimostrato l’efficacia del farmaco Fingolimod distribuito in Italia dalla Novartis con il nome commerciale di Gilenya, sulla Sclerosi Multipla, relativamente a tutti i quattro principali outcomes di malattia: perdita di volume cerebrale, lesioni attive (misurate con RM), tasso di recidiva e progressione della disabilità. Miglioramenti sono stati osservati nei pazienti passati dal trattamento standard con Interferone (interferone beta 1 a) a Fingolimod nei 12 mesi successivi al passaggio e fino alla fine dello studio di estensione a 4 anni e mezzo, tanto da diffondere tra gli studiosi entusiastici commenti come di un farmaco rivoluzionario meglio dell’interferone. Quando si tratta di rivoluzione c’è sempre di mezzo il mondo dei funghi, ed in effetti il Fingolimod non è altro che un pro-farmaco cioè una sostanza biologica analoga alla sfingosina che ha bisogno dell’azione di un’enzima che la attiva (fosforilazione dalla sfingosina kinasi della cellula) derivato da due funghi un micro e un macromicete: il Myrothecium verrucaria e l’Isaria sinclairii dei quali sono state sfruttate le azioni sinergiche contro la Sclerosi Multipla: il primo, derivando da un potente pesticida/larvicida utilizzato in agricoltura, blocca l’azione autoaggressiva dei linfociti agendo da immunosoppressore, il secondo, meglio conosciuto come Cordyceps sinclairii e come tutti i Cordyceps, stimola la rigenerazione l’anabolismo e la riparazione cellulare, in questo caso attraverso la sfingosina nella riparazione della mielina delle cellule nervose. Effettivamente è una vera rivoluzione, non c’è mai stato un farmaco che avesse un’azione così completa sulle cause di malattia della SM, ed i risultati stanno a confermare la bontà del trattamento. Anche se agendo da pro farmaco rimane pur sempre un farmaco, tuttavia non si può fare a meno di considerare come il Cordyceps sinclairii sia stato sempre usato nella MTC come un potente tonico elisir di lunga vita, anche in relazione alle sue caratteristiche di crescita che, come tutti i Cordyceps, sfrutta la chitina dell’esoscheletro di una larva che lentamente uccide, per costruire il proprio corpo fruttifero; nel caso dell’Isaria v. in pratica si prende il micelio che è la forma anamorfica non strutturata proveniente dal rimaneggiamento della larva. Quanto sopra rende ragione del nome cinese del Cordyceps (Dong chong chao) che vuol dire pianta d’estate verme d’inverno. Quindi questo mese monografia sul fingolimod: primo articolo su Fingolimod, secondo articolo sulla farmacologia del myriocin sulla SM, il terzo articolo in inglese sui molti usi del Myrothecium verrucaria, il quarto ancora in inglese dal titolo farmaco per la SM dal folklore al laboratorio narra appunto la storia del Cordyceps prima ricordata, quinto ed ultimo sulla canapa indiana. 
Grazie dell’attenzione e commentate!
 Dott Maurizio BAGNATO MD

lunedì 30 settembre 2013

Linfociti trasformati per vincere leucemie e mielomi: una speranza italiana


Un team multidisciplinare di ricercatori guidato da Attilio Bondanza, responsabile dell'Unità di Immunoterapia delle Leucemie dell'Ospedale San Raffaele di Milano, grazie ad un finanziamento AIRC, ha messo a punto una nuova strategia per combattere la leucemia mieloide acuta e il mieloma multiplo. Lo conferma uno studio pubblicato su Blood: la nuova ipotesi di lavoro si basa sul ruolo dei linfociti T e in particolare sulla loro capacità di riconoscere antigeni espressi dalle cellule tumorali, moltiplicarsi in base a questo "stimolo" ed attaccare il tumore stesso. La tecnica messa in atto al San Raffaele punta ad aumentare il numero dei linfociti tumore-specifici, normalmente molto rari e non in grado di combattere con successo la malattia. Recentemente, studi clinici condotti negli USA hanno dimostrato l'efficacia di linfociti geneticamente modificati con dei recettori antigene-specifici chimerici derivati dagli anticorpi chiamati CAR ("chimeric antigen receptors") in tumori del sangue a basso grado di malignità, come la leucemia linfatica cronica. I ricercatori del San Raffaele hanno sviluppato nei laboratori un recettore chimerico specifico (appunto un CAR) per l'antigene CD44v6, espresso invece in tumori ad alto grado di malignità, come la leucemia mieloide acuta e il mieloma multiplo. Merito degli studiosi milanesi è stato quindi l'isolamento dei linfociti da pazienti affetti da leucemia o mieloma e la loro successiva modifica con il CAR mediante vettori virali. Grazie all'espressione del CAR, i linfociti si sono dimostrati dei killers tumorali molto più potenti, sia dei normali linfociti, che dell'anticorpo d'origine, dimostrandosi capaci di eliminare completamente i tumori dei pazienti in diversi modelli preclinici. La clinica in futuro dirà se questa strada potrà avere successo nell'uomo.

mercoledì 11 settembre 2013

Controllare l’asma, missione possibile

Controllare l’asma, missione possibile 

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Quando una malattia è cronica la grande sfida si chiama aderenza alla terapia. A questa regola generale non sfugge certo l'asma bronchiale, patologia che necessita di un controllo costante e che purtroppo non sempre è adeguatamente gestita, tanto che più di un paziente su due è a rischio di episodi di fame d'aria. Questo problema pare interessare soprattutto l'età adolescenziale-adulta, visto che sui bambini vegliano con attenzione i genitori, soprattutto per un problema di errata percezione e per l'oggettiva difficoltà di sentirsi malati (e quindi di aver bisogno di terapie) nelle fasi di remissione. "Negli intervalli senza sintomi ci si "dimentica" di essere malati, salvo poi tornare a stare male quando l'esposizione a fattori allergizzanti ambientali o alimentari scatena un nuovo attacco - spiega Lorenzo Corbetta, coordinatore del Progetto Libra (Linee guida Bpco, Rinite e Asma)". Questa sottovalutazione della cronicità e della gravità potenziale della malattia viene chiaramente dimostrata nei fatti da un parametro indiretto ma efficace a render conto della situazione, ovvero il consumo di farmaci inalatori. Oggi in Italia in media un malato utilizza ogni anno tre confezioni di medicinali, contro le dieci-dodici di cui avrebbe effettivamente bisogno. E poi magari si trova a far ricorso a medicinali da assumere in emergenza, per tamponare la situazione. Oltre ai test per il controllo dell'asma, da fare magari ogni settimana, e alle App che ricordano di assumere il farmaco, gli esperti consigliano agli asmatici almeno una spirometria l'anno. Questo esame permette di capire come affrontare la malattia caso per caso, definendo il rischio di crisi e riacutizzazione del singolo paziente.

lunedì 12 agosto 2013

Stimolazione cerebrale profonda per la cura della distonia

Stimolazione cerebrale profonda per la cura della distonia 

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Per la prima volta in Piemonte una paziente affetta da distonia è stata trattata attraverso una sorta di "pacemaker". Si tratta di una giovane di Torino, e l'intervento di chirurgia stereotassica è stato eseguito all'Ospedale delle Molinette di Torino. In pratica, gli esperti hanno posto due elettrodi direttamente nell'area cerebrale in cui si punta ad agire, collegandoli con un piccolo "regolatore" a batterie ricaricabili posto sul torace. Gli elettrodi, grazie allo stimolo di questo pacemaker, sono in grado di produrre uno stimolo elettrico per il cervello, favorendo quindi il ricupero di una soddisfacente azione dell'area neurologica interessata dal fenomeno patologica. La tecnica, simile a quella che si impiega per trattare i casi gravi di malattia di Parkinson, si basa sulla stimolazione cerebrale profonda. La distonia è una sindrome caratterizzata da contrazioni muscolari involontarie e protratte che determinano torsioni ripetute e quindi obbligano a posizione anomale. Queste condizioni sono al terzo posto tra i disturbi del movimento più diffusi dopo la malattia di Parkinson ed il tremore essenziale. In qualche caso i problemi esordiscono già in giovane età, per fortuna raramente, ma purtroppo in queste circostanze spesso le patologie tendono a progredire rapidamente.

venerdì 2 agosto 2013

Tè e caffè verde, dalla parte della salute

Tè e caffè verde, dalla parte della salute 

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Abituiamoci a bere verde, per aiutare la nostra salute. Potrebbe essere questo lo slogan per il benessere, visto che non solo il tè, ma anche il caffè verde possono davvero avere effetti benefici per l'organismo. Il caffè verde, grazie alla presenza dell'acido clorogenico, contribuisce a migliorare l'assorbimento dei carboidrati ed aumenta il metabolismo generale, oltre a favorire specificamente la regolarizzazione del metabolismo lipidico. Il tè verde invece contiene specifiche catechine, che hanno una spiccata azione antiossidante con incremento dell'eliminazione dei radicali liberi dal sangue, esercitano un'attività antitumorale (la sostanza aiuta a limitare lo sviluppo delle unità antitumorali in vitro) ed ha anche attività antiinfiammatoria generale.

domenica 28 luglio 2013

L’elettricità per combattere il dolore neuropatico

L’elettricità per combattere il dolore neuropatico 

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Stimolare elettricamente la corteccia cerebrale nella sua parte motoria può aiutare a contrastare la cosiddetta "sindrome da arto fantasma", una delle forme di dolore neuropatico più complesse da affrontare, che è collegata ad una percezione di dolore originante da un braccio o una gamba che sono state amputate. E' l'incoraggiante conclusione di una ricerca condotta all'Università Bicocca di Milano in collaborazione con l'Università di Harvard di Boston, pubblicata sulla rivista Pain. Lo studio ha dimostrato che le stimolazione elettriche a basse intensità e del tutto indolori possono indurre un calo o anche la completa eliminazione del dolore nei pazienti. Si tratta di un'opportunità di trattamento in più di queste forme algiche che purtroppo, anche per la loro complessità, vengono attualmente curate con estrema difficoltà. Queste forme di dolore possono anche non trovare soluzioni da alcun trattamento, anche perché fin dalla sua origine il dolore è "sbagliato", ovvero nasce da segnali neurologici non corretti. Il dolore neuropatico è completamente sganciato da un eventuale organo che lo può originare, come prova la presenza della sindrome da arto fantasma in cui addirittura il paziente riferisce il dolore a una parte amputata. E per questo il meccanismo che lo genera è collegato esclusivamente al sistema nervoso che in pratica, sbagliando, crea uno stimolo difficile da combattere tanto che anche la morfina può a volte non bastare per contrastare le algie e migliorare la qualità di vita dei malati.

venerdì 26 luglio 2013

Nuove speranze per la mielofibrosi

Nuove speranze per la mielofibrosi 

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La mielofibrosi è una rara forma tumorale caratterizzata da insufficienza del midollo osseo, splenomegalia, sintomi debilitanti come dolore e calo dell'appetito, con conseguente perdita di peso. colpisce in Europa circa 0,75 persone ogni 100.000 l'anno ed è quindi una patologia rara. Tra le opzioni terapeutiche, in futuro potrebbe rendersi disponibile un farmaco, ruxolitinib, che contribuisce a ridurre il volume della milza e la mortalità. Al momento il medicinale non è ancora disponibile in Italia.
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venerdì 19 luglio 2013

Test del DNA, l’Italia segna il passo

Test del DNA, l’Italia segna il passo 

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Angelina Jolie ha fatto scuola. Oggi, malgrado la non certissima attendibilità dei risultati, almeno 5 americani su 100 si sottopongono a test genetici preventivi per conoscere per tempo la predisposizione ad aventuali malatattie gravi, ma anche solo per sapere la capacità di metabolizzare la caffeina o il latte, o ancora la probabilità di diventare obesi. Sempre più persone mettono la propria saliva in una provetta e, dopo aver compilato un modulo via web, la mandano a laboratori esteri, che in due-tre settimane, forniscono a domicilio un'analisi genetica. I costi poi sono da discount: 99 dollari, rispetto ai 1000 di un centro specializzato. Ma al di là di questo supermercato per clienti ipocondriaci, quello che preoccupa i genetisti italiani è che il nostro Paese segna il passo, sia sul fronte tecnologico, macchine e software per analizzare il DNA, sia per la scarsità di personale formato a questo scopo. E non avere la tecnologia bio infornatica e le competenze per usarla significherà obbligare l'Italia a una sudditanza medica verso Paesi più evoluti. Nel 2020 finiranno gli studi di analisi sull'esoma, che contiene la parte codificante Dna dove si annidano la maggior parte delle malattie e arriveranno macchine a nanopori che leggeranno il Dna in sequenza senza bisogno di amplificazione, e quindi senza rischio di incorrere negli errori attuali. A quel punto davvero la medicina predittiva avrà piena cittadinanza.
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martedì 16 luglio 2013

Micoeditoriale Luglio 2013

Micoeditoriale Luglio 2013

Fibromialgia e Morchella esculenta nella Micomedicina 

Questo mese inizieremo un trittico bello e interessante che ci accompagnerà per tutta l’estate e dove si racchiude buona parte dell’aspetto teorico-concettuale della micomedicina: parleremo del trittico fibromialgia, CFS (sindrome della stanchezza cronica) e MCS (sensibilità chimica multipla), sempre con la nostra lente olistico-simbiotica filtrata attraverso i funghi. Iniziamo con la Fibromialgia, malattia che prende principalmente il sesso femminile, spesso confusa con malattie reumatologiche varie o con forme depressive, tanto che ancora oggi nosograficamente ci sono discussioni su come classificarla e spesso viene scambiata come una sindrome ansiosa con somatizzazioni. Ho parlato del trittico perché è nel contesto di queste tre patologie, in cui spesso si mescolano i sintomi, che ritengo possa svilupparsi a pieno il pensiero della micomedicina, partendo da una unica eziologia : il Micoplasma. Il fungo di riferimento di questo mese è la Morchella esculenta un buon fungo commestibile (primaverile) che cresce spontaneo e ultimamente anche coltivato, con notevoli proprietà medicinali: è un potentissimo antiossidante che unito alle sviluppate capacità chelanti (vedi in seguito sui metalli pesanti), a quelle antinfiammatorie (è paragonato al Diclofenac) e soprattutto alle capacità antibatteriche (esopolisaccaridi) che servono contro il Micoplasma, rappresenta il nutraceutico di riferimento per la Fibromialgia. Tornando al Micoplasma è molto importante un articolo di ricercatori brasiliani (inserito di seguito nel paginone centrale) sul concetto di proteino immuno dominanza (cioè la gestione del sistema immunitario dalle proteine e nucleotidi dell’ospite): essendo il più piccolo tra i batteri fornito di nucleo ma senza parete cellulare, si nasconde all’interno delle cellule agganciandosi con speciali fibrille e oltrepassando la parete grazie alle piccole dimensioni e se ne sta buono per anni inserendo il proprio dna come un’appendice di quello della cellula parassitata e dando scarsi segni della propria presenza, queste cellule (soprattutto miocellule, cellule nervose e cartilaginee/ossee) a seguito di un trauma fisico o emotivo, subiscono una sorta di cannibalizzazione dall’interno : l’acido nucleico e le proteine del Micoplasma organizzate sottraggono steroli dalla cellula soprattutto dalla parete cellulare, che per questo motivo può scoppiare liberando l’ospite oppure subire lesioni (i famosi trigger points della fibromialgia), e fino a qui nulla di eccezionale se non si trattasse di un batterio che può sopravvivere anche in una forma minerale e trasformarsi (pleomorfismo) in forme virali o batteriche passando indifferentemente dalle piante agli animali fino all’uomo e viceversa. E il Mico (plasma) non è casuale neppure nel nome, visto che convive dentro di noi grazie alla simbiosi. Che sia il Micoplasma la causa di tutto? Il concetto di proteino immuno dominanza diventa comprensibile quando il depredare la membrana cellulare porta la cellula stessa a subire mutazioni quali quantitative delle stesse proteine di membrana che possono determinare fenomeni autoimmunitari o manifestazioni allergiche o tumori. Ed il Micoplasma fermentans ha anche un’origine “militare” dalla guerra biologica degli anni 50, derivando da una mutazione genetica indotta all’epoca sulla Brucella abortus, e ritrovata ancora nei militari americani veterani della prima guerra del golfo. Proprio per questo motivo al 2) assieme ad un interessante articolo sul trattamento naturale della fibromialgia secondo il protocollo SHINE (Sleep sonno, Hormonal balance equilibrio ormonale, Immunity immunità, Nutrition nutrizione Emotions emozioni) ho voluto fare una piccola ma interessante review in italiano sui Micoplasmi. Accanto ai Micoplasmi, c’è l’aspetto fondamentale della 3) fitochelazione che rappresenta il meccanismo con cui i funghi ci salvano dai metalli pesanti, in cui la presenza della Candida albicans ne è l’epifenomeno. La fitochelazione è prodotta in particolare dalla chitina e dal chitosano presenti nei funghi come in alghe e nei crostacei, tramite i tioni ed i gruppi sulfidrilici, ed agisce come una sostanza adsorbente che blocca le sostanze, come i metalli, che hanno cariche ioniche polari con i loro effetti riducenti (ROS) consequenziali all’organismo che li contiene. Pertanto le migliori sostanze chelanti sono i macrofunghi che non solo hanno parecchia chitina (al contrario della Candida albicans) ma anche altre sostanze con una doppia azione (chelante-antiossidante) come gli enzimi SOD (citocromi) nonché sostanze antibiotiche che agiscono contro i micoplasmi. La Candida rappresenta, come i Micoplasmi, uno stato di immunodepressione dell’organismo per la presenza dei metalli pesanti e di altre sostanze xeno-biotiche, che poi può estrinsecarsi ulteriormente in patologie sistemiche e oncologiche. 4) Carenza di Vitamina D2 e fibromialgia è il quarto articolo in cui il potere dei funghi si estrinseca con una sostanza come la Vitamina D2 di cui ogni fungo, in quantità variabile, ne è comunque ricco. Altro articolo rappresentativo di tutti i contributi che la fitoterapia dà vs la fibromialgia è quello 1) sulla Griffonia simplicifolia che fornisce una sostanza antidepressiva analoga alla serotonina la 5 idrossitriptamina, che agisce per il grande capitolo della patologia psichica strettamente correlata all’eccessivo consumo di aminoacidi argigina e triptofano dovuto alla presenza del micoplasma. Altre piante che agiscono con un meccanismo sostitutivo a sostanze carenti nella fibromialgia sono la Maca (Lepidium meyenii) per quanto riguarda l’assetto ormonale DHEA etc e l’Uncaria tomentosa (unghia di gatto) come immunostimolante. Ultimo articolo è quello sull’osteopatia nel trattamento della fibromialgia ed ospita un gradito contributo del nostro osteopata Alessandro Di Branco insieme ad un piccolo riassunto sulle potenzialità dell’osteopatia in questa controversa patologia. 

Buona lettura Dott Maurizio Bagnato MD

mercoledì 10 luglio 2013

Lo smog avvelena i polmoni

Lo smog avvelena i polmoni 

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È stato pubblicato su Lancet Oncology uno studio europeo svolto su oltre 300.000 persone residenti in 9 paesi europei che ha dimostrato che più alta è la concentrazione di inquinanti nell'aria maggiore è il rischio di sviluppare un tumore al polmone. Allo studio hanno collaborato 36 centri europei, oltre 50 ricercatori. Ha contribuito un gruppo di ricerca dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, guidato da Vittorio Krogh, responsabile della Struttura complessa di epidemiologia e prevenzione. Si tratta del primo lavoro sulla relazione tra inquinamento atmosferico e tumori al polmone che interessa un numero così elevato di persone, con un'area geografica di tale estensione e un rigoroso metodo per la misurazione dell'inquinamento. Il trial fa parte del progetto europeo ESCAPE (European Study of Cohortes for Air Pollution Effects), che si propone l'obiettivo di studiare gli effetti a lungo termine dell'inquinamento atmosferico in Europa sulla salute dei cittadini. Il lavoro ha riguardato 17 coorti per un totale di 312.944 persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni, reclutate negli anni '90 e osservate per un periodo di circa 13 anni successivi al reclutamento, registrando per ciascuno gli spostamenti dal luogo di residenza iniziale. Del campione monitorato hanno sviluppato un cancro al polmone 2.095 individui. Lo studio ha permesso di concludere che per ogni incremento di 10 microgrammi di PM 10 per metro cubo presenti nell'aria aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22 per cento. La percentuale sale al 51 per cento per una particolare tipologia di tumore, l'adenocarcinoma. Questo è l'unico tumore che si sviluppa in un significativo numero di non fumatori lasciando quindi più spazio a cause non legate al fumo da sigaretta di espletare il loro effetto cancerogeno. 
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martedì 9 luglio 2013

Così il sangue cura le malattie

Così il sangue cura le malattie 

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I classici esami ematochimici rivelano giorno dopo giorno la loro sempre maggior importanza nella diagnosi di patologie. Basti pensare ai test che offrono informazioni sull'infarto fin dalle fasi iniziali dell'attacco cardiaco, i controlli per l'embolia polmonare e i marcatori di eventuale progressione di patologie neoplastiche. Ma gli sviluppi più impressionanti degli ultimi anni sono nel campo terapeutico: come ricorda Vincenzo Toschi, direttore del servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale all'Ospedale san Carlo Borromeo di Milano. Per comprendere quanto questo approccio terapeutico sia sempre più importante si può pensare alla trasfusione di staminali e al loro impiego nel ripopolamento del midollo osseo distrutto in seguito a chemioterapia che portano all'aplasia. Ma non è l'unico esempio dell'utilità del sangue nel trattamento delle patologie. Ad esempio in caso di emorragia acuta se l'organismo non è in grado di sostenere il ridotto apporto di ossigeno si può effettuare una sorta di "trasfusione mirata", basata sull'impiego di globuli rossi concentrati. Oppure, se ci sono difetti della coagulazione del sangue, una nuova via prevede l'impiego di plasma fresco congelato. "E' necessario questo trattamento per la cirrosi epatica e nei pazienti con terapie anticoagulanti o con elevato rischio trombotico - spiega Toschi. Il plasma viene anche impiegato anche per combattere la formazione di microtrombi nel circolo ematico, quali quelli che si osservano nei gravi traumatizzati, nei pazienti con setticemia, in quelli con neoplasie e metastasi".
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venerdì 5 luglio 2013

L’obesità? Una vera malattia!

L’obesità? Una vera malattia! 

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L'American Medical Association ha dato il suo responso. L'obesità è una malattia e quindi chi ne soffre può avere diritto ai rimborsi assicurativi per le terapie necessarie a fronteggiare questo quadro. Il passo avanti è significativo soprattutto sotto l'aspetto assicurativo, ma certo il ricorso al farmaco "dimagrante" è ancora tutto da definire. L'attività fisica e la dieta sono i due capisaldi della lotta all'obesità, e come tali debbono rimanere ben chiari ai pazienti. D'oltre Oceano e non.
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mercoledì 3 luglio 2013

Così l’altitudine aiuta la prevenzione cardiovascolare

Così l’altitudine aiuta la prevenzione cardiovascolare 

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Per studiare l'ipertensione si deve salire in alto. Sembra essere questo il motto del progetto Highcare coordinato da Gianfranco Parati, dell'Università di Milano-Bicocca e direttore della Cardiologia dell'Istituto Auxologico Italiano. Solo ad alta quota, secondo l'esperto, "si possono studiare correttamente i meccanismi di regolazione della pressione senza avere l'effetto confondente della malattia". Il nuovo progetto si è concentrato sull'analisi delle alterazioni nel controllo dell'apparato cardiovascolare ad alta quota: questa situazione porta ovviamente ad ipossia e come risposta l'organismo aumenta la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Gli studiosi, in questa spedizione sulle montagne andine, hanno valutato così l'efficacia di un'associazione tra due antiipertensivi.
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venerdì 28 giugno 2013

Meningite, arriva l’antimeningococco-B

Meningite, arriva l’antimeningococco-B 

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A fine anno dovrebbe essere disponibile in Italia il vaccino per la prevenzione della meningite da meningococco B. Il preparato verrà prodotto per tutto il mondo presso il Centro Novartis Vaccines di Siena, guidati da Rino Rappuoli. Il vaccino è indicato per l'immunizzazione a partire da 2 mesi d'età- La meningite può uccidere in una manciata di ore un bambino che fino a qualche minuto prima era sano, pieno di vita e giocava serenamente. Ha una letalità del 9-12 per cento, ma senza un adeguato trattamento antibiotico può raggiungere anche il 50 per cento. Ogni anno nel mondo ci sono mezzo milione di casi di infezione e in Italia la causa principale è il ceppo B, che nel 2011 è stato responsabile del 64 per cento dei casi totali e addirittura del 77 per cento dei casi totali. Le fasce a maggior rischio sono i bebé da 0 a 12 mesi e i teenager tra 12 e 18 anni. Oltre ad uccidere l'infezione da maningococco B può anche lasciare gravi esiti permanenti. La maggior incidenza di questa infezione è tra i 4 e gli 8 mesi. Ecco perchè per risultati effettivi nella riduzione dei casi, la prima barriera deve essere posta ai due mesi, con programmi di vaccinazione adeguati. Il nuovo vaccino completa l'offerta di prevenzione contro la meningite meningococcica.
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lunedì 24 giugno 2013

Varicella, un rischio per gli adulti

Varicella, un rischio per gli adulti 

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Nel reparto di rianimazione dell'Ospedale San Martino di Genova è ricoverato in gravissime condizioni un quarantenne colpito da varicella. L'infezione sarebbe stata trasmessa dal figlio ed ha condotto al blocco della respirazione autonoma. Mentre nella città ligure si sommano le segnalazioni, Giancarlo Icardi, Direttore del Dipartimento di igiene dell'Università di Genova, ricorda come "purtroppo in età adulta la varicella può portare a complicazioni e in pochi, sfortunati casi può degenerare anche fino alla morte". L'infezione, che è endemica, si trasmette per via aerea o con contatto diretto con le lesioni classiche della malattia. Una persona con varicella è infettiva da uno a due giorni prima che compaiano le lesioni e poi fino a quando le eruzioni non vengono completamente ricoperte dalle croste. In Italia oggi è disponibile un vaccino, consigliabile per gli adulti. Il picco dell'endemia di varicella si registra soprattutto in primavera. E che può essere prevenuta. In Italia si registra quasi un caso di varicella al minuto e costi di circa 100 milioni di euro legati alla malattia. Per questo la prevenzione potrebbe essere estremamente utile. Alcune regioni offrono la vaccinazione in offerta attiva e gratuita ma si parla anche di una possibile vaccinazione universale per l'infezione in età infantile: questa misura permetterebbe infatti di ridurre le ospedalizzazioni e le complicanze della patologia, controllare la diffusione della malattia e influirebbe anche sui costi.
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venerdì 21 giugno 2013

Una giornata per parlare dei tumori del sangue

Una giornata per parlare dei tumori del sangue 

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Oggi, 21 giugno, si celebra l'VIII edizione della Giornata Nazionale per la Lotta contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, promossa dall'Ail. Dalle 8 alle 20 sarà attivo un numero verde (800-226524) cui pazienti e familiari potranno far riferimento per ascoltare i consigli degli esperti ematologi. Non vengono quindi chieste donazioni, ma l'associazione (www.ail.it) grazie al lavoro delle 82 sezioni presenti sul territorio nazionale intende soprattutto rifocalizzare su queste patologia l'attenzione e l'informazione. Oggi, almeno in alcune forme di leucemia e di linfoma, il 70-80 per cento dei pazienti ottiene la guarigione completa. L'ottava "Giornata Nazionale per la lotta contro Leucemie, Linfomi e Mieloma" è promossa dall'AIL e posta sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Questa Giornata dedicata all'informazione sui tumori del sangue ha valore soprattutto per i pazienti ematologici che in questa occasione sentono l'Ail ancora più vicina. L'impegno di è quello di continuare a stare al loro fianco e operare nella ricerca di nuove soluzioni di cura per le malattie del sangue, che oggi possono anche essere guarite in molti casi ma debbono comunque essere trattate al meglio per migliorare la durata della sopravvivenza dei malati e la loro qualità di vita. Su questo fronte tra le iniziative Ail va ricordato il Progetto Itaca, giunto alla sua quinta edizione, che prevede una "veleggiata" lunga 800 chilometri nel mar Tirreno. Anche la vela-terapia può offrire un sostegno a chi lotta contro queste malattie.
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lunedì 17 giugno 2013

Epatite C, un nemico da combattere al meglio

Epatite C, un nemico da combattere al meglio 

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La maggior parte dei portatori del virus ha contratto l'infezione prima del 1990, e quindi si tratta soprattutto di individui anziani. Molti altri individui, più o meno 200-300.000 persone ha invece contratto il virus dell'epatite C a causa di comportamenti a rischio. Se a queste persone, molte delle quali nemmeno sanno di avere l'infezione, aggiungiamo anche la popolazione dei migranti portatori del quadro, ecco che arriviamo alla quota di circa un milione di italiani portatori cronici del virus dell'epatite C. Tra questi, un terzo sta sviluppando o ha già sviluppato importanti patologie epatiche. A tracciare questo quadro è massimo Colombo, direttore del dipartimento di medicina Specialistica e Trapianto di Organi all'Ospedale Maggiore di Milano e docente all'ateneo milanese. A fianco di questa patologia, un'altra infezione virale che crea ansia e di cui si parla troppo poco, ovvero quella da virus Hiv. Secondo gli esperti in nessun campo sono giunte in pochi anni tante molecole di successo come è avvenuto nella cura di queste due malattie infettive. In particolare per l'epatite C l'avvento degli inibitori delle proteasi sembra aver aperto una strada per trattare con buoni risultati anche le infezioni causate dal genotipo 1 del virus, che mediamente rappresenta la causa dell'infezione nel 55 per cento dei soggetti infettati nel nostro Paese.
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sabato 15 giugno 2013

Allergia ai crostacei, un pericolo da non sottovalutare

Allergia ai crostacei, un pericolo da non sottovalutare 

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Anche un piatto di frutti di mare o di molluschi, per quanto ben preparato, può nascondere delle insidie. Il motivo? Sono in crescita le allergie ad alcuni componenti di questi alimenti, allergie che possono risultare potenzialmente anche gravi ed arrivare a causare anche shock anafilattico. La scienza ha ormai fatto luce sugli allergeni principali presenti all'interno di questi prodotti ittici. In particolare, nei gamberetti sarebbe presente tra gli altri anche uno specifico allergene chiama proteina sarcoplasmatica calcio-legante (SCP), particolarmente temibile negli adulti: quasi tre persone su quattro potrebbero avere una reazione particolarmente intensa assumendo questa sostanza. Congiuntivite, disturbi respiratori, orticaria con prurito sono i sintomi più comuni di questa condizione, che può portare anche a situazioni cliniche più gravi come lo shock anafilattico nelle persone particolarmente sensibili agli allergeni. I sintomi si manifestano in genere molto precocemente, entro poco tempo dall'assunzione dell'alimento, e si mantengono per pochi giorni. Se per i crostacei occorre prestare attenzione, non va dimenticato che ci sono persone particolarmente sensibili all'assunzione di seppie, calamari e simili, ovvero ai molluschi. In questo caso il fenomeno allergico appare legato soprattutto alla presenza di una specifica proteina, chiamata tropomiosina, considerata l'allergene più importante.
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mercoledì 12 giugno 2013

Micoeditoriale Giugno 2013

MICOEDITORIALE GIUGNO 2013 FUNGHI E DIABETE
del Dott Maurizio BAGNATO 
Presidente Micomedicina ONLUS 

Salve cari “seguaci” della micomedicina ! Finalmente si stanno profilando le agognate vacanze (il mio amico Mauro-alto dirigente del MURST-direbbe anche agognati, azie, anepote etc etc), ma qui, nonostante tutto, si resiste e si continua a proporre e stimolare, incuranti del caldo, della pioggia e di quanti non sentono o meglio captano e usano le informazioni del sito per proporsi nei convegni come ricercatori di riferimento per la terapia con i funghi , siano essi naturopati o medici….va bene così, mangiate a volontà il frutto della conoscienza e non dovete nemmeno pagare il conto…ma ricordatevi che la vera conoscienza (a cui bisogna togliere dalla parola il suffisso privativo NO per essere vera scienza ovvero co-scienza) deriva solo dal dialogo, dalla condivisione e dalla interiorizzazione (co-scienza) che produce nuovi elementi concettuali ed un’elevazione spirituale della co-scienza …la micomedicina e la simbiosi universale sono parole senza significato se non producono uno scambio energetico fra esseri viventi (e qui bisognerebbe aprire una grossa parentesi su cosa significa vita, energia etc …ma andremmo troppo lontano). Limitiamoci all’argomento di questo mese: diabete e funghi ovvero come attraverso la micomedicina si affronta questa terribile e subdola malattia come il diabete. Come sapete la medicina ufficiale ha due capisaldi: diabete dell’adulto o tipo 2 (detto anche florido) che non dipende dalla mancata produzione dell’Insulina, ma in larga misura da errori alimentari e malattie concorrenti come l’obesità, sovrappeso e dismetabolismi (iperlipidemia, ipertrigliceridemia) e diabete giovanile o insulino dipendente o tipo 1 (detto anche diabete magro) che deriva da una carente produzione o una resistenza all’azione dell’insulina (di natura autoimmunitaria) che deve essere fornita perciò dall’esterno. E’ evidente che, seppur accademica, questa suddivisione ci permette già di circoscrivere il campo di azione al diabete di tipo 2 dove si può lavorare efficacemente sugli stili di vita ed i fattori di rischio correlati, tramite l’alimentazione e l’attività fisica, per citarne i più importanti, e tramite farmaci ovvero erbe e funghi che hanno azione ipoglicemizzante. E qui veniamo ai nostri funghi, quello di riferimento nel paginone centrale è il Coprinus comatus ed è riportato anche nella sezione d) degli articoli del mese insieme ad altri funghi in un bellissimo articolo pubblicato nel 2011 su Functional Foods frutto di collaborazione fra Università dello Sri-Lanka e cinesi . Per motivi di spazio sul paginone centrale abbiamo messo solo gli articoli riguardanti il Coprinus c., nella sezione d) abbiamo aggiunto all’articolo di cui sopra anche un articolo sul Vanadio di cui è ricco in particolare il Coprinus c. uno dei motivi dell’azione ipoglicemizzante. Nelle sezioni B) e C) vengono evidenziati studi sulle nostre amiche piante e alghe, in particolare sulla Genziana ( Gentiana oliveri in uno studio turco del 2012) e sull’ ALGA Ecklonia cava in due studi coreani del 2011 e 2012 , nei quali vengono riportati i meccanismi biochimici dell’azione ipolipemizzante e ipoglicemizzante delle piante e alghe, che per quanto riguarda la Genziana, si riconducono all’utilizzo tradizionale in Italia come decotti e liquori proprio con finalità digestive e fluidificanti le bile (colagogo, epatoprotettore e quindi ipolipemizzante favorente la glicogeno sintesi). Nella sezione C) troverete di seguito un bella e recente rewiew sulle piante utilizzate nel mondo ed i relativi principi attivi: si passa dal guggulsterone isolato dalla pianta della tradizione ayurvedica, la Commiphora mukul, alle procianidine di mela, vite e mango, all’acido cloro genico della Cecropia pachystachya, fino ad arrivare all’ estratto di Pterocarpo marsupium e di Ocinum sanctum e di Aglio e Zenzero, utili nelle complicanze come la retinopatia e la nefropatia diabetica, per non parlare dello Syzigium cumini che potrebbe essere un valido sostituto/integratore dell’Insulina (e quindi intervenire anche nel diabete di tipo 1). Ho tralasciato di parlare volutamente del Tè verde (Camellia sinensis) in cui i polifenoli (EGCG in primis) sono considerati tra i più potenti antiossidanti in natura e con un’azione di accelerazione nel metabolismo dei grassi (brucia grassi), ma proprio questa azione è oggetto di un controverso dibattito internazionale fra l’oriente e l’occidente, nel quale fra i maggiori propugnatori dell’utilizzo del tè verde nel diabete vi sono i ricercatori giapponesi (vedi anche nella sezione A) nel secondo articolo). L’articolo più importante di tutto il mese è proprio il primo della sezione A) sulla Dieta Macrobiotica, un bell’articolo preso dal portale dall’Università di Padova dove vengono riportati i principi della dieta macrobiotica e la sua applicazione secondo Mario Pianesi (dieta Ma-Pi ) che ho avuto modo di conoscere personalmente ed apprezzare condividendo completamente la sua impostazione filosofico-nutrizionale (un po’ meno nell’applicazione pratica) e che ha portato a dei risultati, proprio con il Diabete con lo studio del Prof. Fallucca, incontrovertibili e di rilievo scientifico internazionale. Nella dieta pianesiana un ruolo di primo piano ha proprio il tè verde o meglio tè Bancha, che è la bevanda ufficiale disintossicante ed antinvecchiamento dei centri macrobiotici “Un punto macrobiotico” diffusi in tutta Italia e che vi consiglio di visitare. Ma non sarebbe Micomedicina se non mescolasse quanto sopra, con un’azione armonica e regolarizzatrice del fungo di riferimento (direzione di simbiosi), se non ci fosse l’attività fisica o meglio fisico-spirituale o meglio come dicono di pediatri di psicomotricità ed i neurologi di riconnessione psico-neuromuscolare, quindi beccatevi la quinta sezione la D) con il mio amato Tai Chi e dei lavori americani, non recentissimi del 2008, che ne esaltano le proprietà terapeutiche nel diabete. Spero che questo serva a stimolare la discussione. 
Grazie Dott Maurizio BAGNATO MD © 2013
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martedì 11 giugno 2013

Diabete, difficile cambiare le cure

Diabete, difficile cambiare le cure 

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Arriva dagli esperti un allarme sull'approccio terapeutico al diabete. Da un esame dei dati sull'impiego dei farmaci nei 320 Centri di diabetologia aderenti al progetto Annali AMD (Associazione Medici Diabetologi), rappresentanti quasi il 50 per cento di quelli operanti in Italia, emerge un dato significativo e cioè: "un forte ritardo nel cambiare terapia, quando questa mostra dei limiti - segnala Carlo Giorda, neopresidente della Fondazione AMD". Trascorrono in media due anni prima che la cura non più pienamente efficace venga modificata, cambiando tipo di farmaco antidiabete, aggiungendone altri alla terapia di base con metformina o passando all'insulina. Il problema è che quasi un terzo della popolazione diabetica risulta curato in modo inadeguato, tanto che un malato su due sopra i 65 anni viene curato con farmaci che non funzionano come dovrebbero e continua ad esserlo per altri due-tre anni prima del cambio di terapia. A provare questa situazione, secondo Giorda, basta un dato molto semplice: il passaggio all'insulina avviene quando i valori di emoglobina glicata sono elevati, tra 8 e 9. Numeri così alti per questi parametri, che indicano la situazione della glicemia nel periodo precedente al test, indicano che il cattivo controllo della glicemia va avanti da mesi.
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lunedì 10 giugno 2013

Tutto il bene nascosto nel granello di sale

Tutto il bene nascosto nel granello di sale 

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L'eccesso di sale, si sa, può creare solo problemi all'organismo umano. Aumenta il rischio di ipertensione e quindi rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cardine cerebrovascolari. Tuttavia anche il cloruro di sodio può avere aspetti positivi, che a lungo sono rimasti nascosti ed ora emergono grazie a due studi pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature. In questo caso, però, a "reagire" con il sale non sarebbero le pareti dei vasi sanguigni e i reni, quanto piuttosto le cellule che entrano in gioco nella risposta immunitaria dell'organismo. In particolare ricercatori di Boston e del new Haven hanno individuato un particolare sensore molecolare che sarebbe capace di registrare la concentrazione di sale e addirittura di portare, in base a questo parametro, alla differenziazione di particolari cellule della famiglia dei linfociti T, chiamate Th17. Il ruolo di queste unità cellulari consiste nella lotta ai batteri come stafio e streptococco o ai miceti. Da questa osservazione, quindi, nasce una possibile teoria che spiega l'importanza del cloruro di sodio nell'alimentazione: il sale poteva essere un elemento chiave nei passaggi che conducono alla risposta contro questo tipo di infezioni. Peraltro, sull'altro piatto della bilancia occorre porre anche che l'eccesso di sale potrebbe essere anche alla base dello sviluppo del gran numero di patologie autoimmuni che si osserva negli ultimi tempi. In tutti i casi, si tratta di due studi da sottolineare per gli aspetti conoscitivi che offrono alla scienza.
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Scoperto a Roma gene che aumenta il rischio di ictus

Scoperto a Roma gene che aumenta il rischio di ictus 

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Ricercatori dell'Università Cattolica - Policlinico Gemelli di Roma hanno scoperto tre mutazioni di un gene (TNFRSF11B) che si associano a un'aumentata produzione nel sangue di una proteina chiamata "osteoprotegerina" causa di un più alto rischio cardiovascolare. L'osteoprotegerina favorisce l'accumulo del calcio sulle pareti arteriose e quindi la formazione di placche di arterosclerosi che, in caso di rottura, possono causare eventi cerebrovascolari come l'ictus. Infatti gli individui che presentano una di queste tre varianti geniche dell'osteoprotegerina, singolarmente, hanno un rischio da 3 a 6 volte più elevato di sviluppare eventi ischemici cerebrali rispetto alla popolazione generale. Inoltre, la contemporanea presenza delle tre varianti geniche ad alto rischio nello stesso individuo incrementa di quasi 60 volte il rischio di ictus ischemico. Sono i risultati di una serie di studi condotti dal gruppo del professor Giovanni Ghirlanda, Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Angiologia e del Servizio di Diabetologia del Policlinico universitario "A. Gemelli", il più recente pubblicato sulla rivista internazionale Human Genetics e condotto su un gruppo di pazienti diabetici. Questi risultati sono stati presentati ieri oggi in occasione della Giornata della Ricerca 2013, promossa dalla Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Cattolica, quest'anno dedicata a "Le basi farmacologiche, genetiche e cliniche della terapia personalizzata". Sul fronte della prevenzione, lo studio del gene per la osteoprotegerina e delle sue varianti presenti nella popolazione può permettere di individuare le persone che hanno un più elevato rischio vascolare e che in futuro potrebbero quindi beneficiare di un più stringente programma di prevenzione secondaria e terapeutico. Tutto ciò nell'ottica della terapia personalizzata.
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giovedì 6 giugno 2013

Sigarette elettroniche, preservati i teen-agers

Sigarette elettroniche, preservati i teen-agers 

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Non è la rivoluzione, ma certo rappresenta un passo avanti nelle indicazioni all'uso della sigaretta elettronica il documento di indirizzo del Consiglio superiore di sanità per il Ministero della Salute. Se non si arriva a regole molto stringenti, come quelle proposte da Aifa che considera la nicotina un principio attivo farmacologico vero e proprio e quindi vorrebbe considerare le e-cigarettes alla stregua di un farmaco, ci sono comunque indicazioni importanti per categorie a rischio, come i giovani e le donne incinte. In particolare, visto che proprio i ragazzi appaiono molto attratti dal fumo elettronico. Il parere del Consiglio Superiore di Sanità suggerisce caldamente una serie di raccomandazioni: si pensa di vietare le sigarette elettroniche nelle scuole, confermando ovviamente il divieto di acquisto per i giovani di età inferiore ai 18 anni, e si vieta l'impiego delle sigarette elettroniche alle donne in gravidanza o durante l'allattamento. Inoltre si è deciso di puntare sull'informazione, utilizzando le etichette del dispositivo e delle ricariche per informare sui rischi di tolleranza o dipendenza anche in piccole quantità legato al consumo di sigarette elettroniche contenenti nicotina. E' un piccolo passo avanti, sicuramente molto più limitato rispetto a quello della Francia che ha messo lo stop al consumo in tutti gli ambienti pubblici. Ma qualcosa si muove.
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mercoledì 5 giugno 2013

Allergie e igiene, correlazione in bilico

Allergie e igiene, correlazione in bilico 

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La famosa teoria igienica alla base dello sviluppo delle allergie? Mettiamola da parte. Non è vero che proteggere con le vaccinazioni o preservare all'asilo e in altri ambienti dalle classiche infezioni infantili sia alla base dell'incremento dei casi di allergia che stiamo osservando. A dirlo è Maurizio de Martino, direttore del Dipartimento di pediatria internistica all'Ospedale Meyer di Firenze nell'ambito del Congresso europea di infettivologia pediatrica tenutosi a Milano. Altro presunto fattore protettivo da dimenticare è la frequentazione dell'asilo: anche questo elemento a lungo considerato preventivo per la genesi di allergie proprio perché correlato con un alto numero di infezioni in età pediatrica, non ha più ragione di essere considerato tale. Insomma, sta per crollare l'ipotesi igienica. Anche perchè, sempre secondo lo specialista, molteplici trials clinici dimostrano che le infezioni possano essere alla base dello sviluppo di allergia. A prescindere da quelle che possono essere le cause, in ogni caso, preoccupa la crescita esponenziale dei casi di allergia infantile. Nei Paesi occidentali, queste sono raddoppiate negli ultimi 15 anni e quasi un piccolo su tre ha problemi di allergia.
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martedì 4 giugno 2013

«Entro dieci anni farmaci su misura per battere il cancro»

«Entro dieci anni farmaci su misura per battere il cancro» 

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Una volta si parlava di cancro al polmone, al colon, al seno. Da domani si parlerà solo di geni mutati di Mario o di Anna. E di cure per Mario e Anna. Ora la lotta ai tumori «è una questione personale». Sembra la classica frase da film d'azione, e invece è il grande messaggio che traspare da uno dei più grandi eventi di oncologia al mondo: il meeting annunale dell'American association for cancer research, quest'anno a Denver per la centesima edizione. La promessa, è quella di cure personali ed efficaci entro dieci anni. Ne parla il Corriere della Sera. «"Dieci anni - scrive il quotidiano milanese - per la rivoluzione nella cura dei tumori. Non si curerà più l'organo malato, ma le cellule". E la cura con i farmaci "intelligenti" sarà sulle mutazioni genetiche che trasformano una cellula normale in tumorale. Cure talmente personalizzate da superare ogni limite odierno. Il risultato? "Guarigione o controllo perfetto della malattia". Lo scenario è di Eric Lander, bio-genetista del Massachusetts Institute of Technology (Mit). La platea è quella del congresso dell'American association for cancer research (Aacr) giunto alla centesima edizione. A Denver in Colorado». «Reduci dall'Aacr - prosegue l'articolo - Nicola Normanno, Cell biology and biotherapy unit della Fondazione Pascale di Napoli, e Filippo de Braud, direttore della Divisione di Farmacologia clinica e nuovi farmaci dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano. La sensazione di entrambi è di "rivoluzione in atto". "Ad ogni paziente la sua terapia", dice de Braud. Bersaglio le mutazioni genetiche. Tra cinque anni saranno pronti i test per individuarle persona per persona. E tra circa dieci, la tecnologia consentirà di predisporre "correzioni" ad hoc. Cure ad hoc. Spiega de Braud: "Sequenziato l'intero genoma umano, ora si stanno classificando tutte le mutazioni che caratterizzano la differenza tra i tessuti normali e quelli neoplastici. Contemporaneamente si lavora per avere una tecnologia affidabile e a costi accettabili per la pratica clinica"». «Normanno - conclude il Corriere - parla di due novità. Una cattiva ed una buona. La cattiva? "Il tumore (dice lo scienziato del Pascale), nella maggioranza dei casi, è una malattia complessa caratterizzata da numerose alterazioni di geni che inducono la sua crescita. Complessità ulteriormente aumentata dall'interazione tra il tumore e le cellule normali che lo circondano". E la novità buona? Quanto annunciato da Lander. In pratica il mirino dell'arma è ormai ultrapreciso. "E sono state costruite le armi per affrontare la malattia in modo diverso, cioè andando a colpire bersagli specifici in ogni singolo paziente"». 
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lunedì 3 giugno 2013

Si può guarire dal tumore, ma è meglio parlare di curabilità

Si può guarire dal tumore, ma è meglio parlare di curabilità 

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La stampa mondiale si occupa in questi giorni della guarigione dal cancro di grandi star di Hollywood, da Michael Douglas a Robert De Niro. Eppure i medici preferiscono non parlare di guarigione dal tumore, meglio parlare di curabilità. Carmelo Iacono, presidente dell'Aiom, associazione di oncologia medica, specifica che sotto la parola cancro si racchiudono tante malattie diverse e le possibilità di guarigione o di cura dipendono da vari fattori: il tipo di tumore, la diffusione, la precocità della diagnosi. Si può parlare di guarigione di un tumore quando sono trascorsi cinque anni, dieci o quindici dalla diagnosi, ma si tratta di guarigioni comunque a termine, non è detto che siano definitive. «Gli strumenti che servono per guarire - precisa Filippo de Braud dell'Istituto europeo di oncologia di Milano - sono la chirurgia e la radioterapia. Ecco perché i tumori solidi, quanto più sono piccoli e localizzati, tanto più sono guaribili. Anche i farmaci possono farlo, ma quando le cellule del tumore sono tutte uguali: come succede per le neoplasie del testicolo e per i linfomi. Quando le cellule sono diverse, la chemioterapia può incontrare degli ostacoli e può succedere che la malattia ricompaia a distanza di tempo». 
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domenica 2 giugno 2013

Staminali, create cellule di difesa contro l'Aids e il cancro

Staminali, create cellule di difesa contro l'Aids e il cancro 

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I linfociti T killer che proteggono l'organismo sono stati riprogrammati come staminali pluripotenti. Ci sono riusciti i ricercatori dell'Istituto Riken, in Giappone, creando così un esercito di cellule immunitarie su misura di paziente, specifici per combattare cancro e Aids. Dallo studio sono stati tratti due articoli entrambi pubblicati su Cell Stem Cell. I ricercatori hanno riprogrammato i linfociti di un paziente con Hiv e di un paziente con melanoma. Questi linfociti sono stati prima trasformati in cellule staminali e poi in nuove cellule immunitarie giovani e forti. Questo metodo permette di produrre in provetta quantità infinite di cellule di difesa su misura di paziente ed efficaci contro la malattia del paziente stesso, Aids o cancro che sia. Ora i ricercatori giapponesi puntano a testare sui pazienti le cellule così prodotte per vedere se sono veramente efficaci e selettive contro la loro malattia. «Siamo riusciti a raggiungere il nostro primo obiettivo e a creare nuove cellule immunitarie killer giovani e forti. A questo punto dovremo capire se queste cellule potranno uccidere i tumori, senza colpire le cellule sane dell'organismo - spiega Kawamoto - Queste cellule potranno essere iniettate nei pazienti come terapia. Questo potrà essere fatto in un futuro non troppo lontano».
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sabato 1 giugno 2013

Aglio in grado di contrastare due superbatteri

Aglio in grado di contrastare due superbatteri 

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Da sempre si sa che l'aglio ha proprietà salutari, una ricerca, riportata dalla Stampa, svela ora anche la sua capacità di contrastare due batteri molto resistenti. Autori della scoperta sono Ronald Cutler, microbiologo della University of East London, e Jaya Prakash, microbiologo della National University of Health Sciences dell'Illinois. «Partendo dall'analisi della sostanza-chiave, l'allicina - scrive La Stampa - sono arrivati alla conclusione che l'amico dei legionari romani e dei medici ottocenteschi può battere anche due tra i batteri più pericolosi, che hanno imparato a sopravvivere agli attacchi degli antibiotici e che da incubo di medici e pazienti potrebbero diventare armi perfette in mano ai bioterroristi, islamici e non. Si tratta dello Stafilococco aureo resistente alla meticillina (noto in gergo come Mrsa), un microorganismo responsabile solo negli Usa di 2 milioni di infezioni e di 14 mila vittime l'anno, e dell'Enterococcus fecale (Vre), che, presente nello stomaco e nell'intestino, ha imparato a difendersi dal vancomycin». «L'allicina - ha reso noto Cutler - fa a pezzi l'Mrsa». Il ricercatore l'ha inserita in alcune creme e la prima serie di test è stata superiore alle aspettative: le applicazioni sulle ferite infette hanno costretto il microbo ad arrendersi. «Quanto agli effetti collaterali, non ce ne sono» ha spiegato. Anche il Vre - secondo Prakash - viene inibito dall'allicina: «Con una dose minima di 150 microgrammi lo fermiamo». Per dare un'idea - ha spiegato al convegno della società di Microbiologia a Chicago - «si possono ingerire fino a 25 grammi al giorno di aglio senza danni, cioè 15 milligrammi di allicina». «È una wonderdurg, un farmaco-meraviglia. Ma ci vorranno naturalmente altri test». 
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venerdì 31 maggio 2013

Metabolismo del glucosio e sistema immunitario

Metabolismo del glucosio e sistema immunitario 

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Secondo il Trinity College di Dublino il glucosio dirige la funzione dei linfociti T citotossici contro le cellule malate. La ricerca potrebbe portare allo sviluppo di trattamenti per alcune malattie autoimmuni come sclerosi multipla e artrite reumatoide. Il metabolismo cellulare di alcune cellule immunitarie è strettamente collegato al loro funzionamento, compresa l'efficacia contro le infezioni virali e lo sviluppo di tumori: lo studio, pubblicato sul Journal of Experimental Medicine riguarda in particolare il metabolismo del glucosio nei linfociti T citotossici (CTL) e la loro capacità di acquisire gli strumenti necessari per migrare e distruggere le cellule infette o quelle tumorali. Fino ad oggi il glucosio era considerato solo una fonte energetica, ma questo studio sembrerebbe dimostrare che il metabolismo ha un ruolo molto più importante di quanto pensato finora. In particolare, l'attività delle due proteine mTORC1 e HIF1 sarebbe essenziale per mantenere stabile il metabolismo del glucosio dei linfociti T citotossici, e assicurare il loro normale funzionamento. 
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giovedì 30 maggio 2013

Dalle cellule cutanee staminali totipotenti?

Dalle cellule cutanee staminali totipotenti? 

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Ricordate la pecora Dolly? Ebbene, forse oggi qualcosa di simile potrebbe essere stato effettuato anche nell'uomo. Sulla prestigiosa rivista Cell studiosi dell'Università dell'Oregon guidati da Shoukhrat Mitalipov hanno rivelato di essere riusciti a riportare allo stadio di cellule embrionali cellule cutanee. La tecnica ha previsto il trasferimento del nucleo di una cellula cutanea all'interno di un ovocita, svuotato ovviamente del proprio nucleo. La cellule "ingegnerizzata" è quindi stata in grado di ripartire da zero nel proprio sviluppo, assumendo le caratteristiche di una staminale totipotente. La tecnica, inoltre non sarebbe gravata dal rischio di rigetto perché le cellule verrebbero prelevate dalla stesso paziente cui le staminali costruite in laboratorio sono destinate. Ovviamente siamo solo all'inizio di un percorso sperimentale che dimostri efficacia e sicurezza questa tecnica, che comunque potrebbe rivelarsi vincente per rendere disponibili cellule specializzate per un determinato organismo e quindi aiutare in futuro a trattare patologie neurodegenerative, dal Parkinson alle lesioni spinali. Va detto comunque che alcuni studiosi non sono particolarmente colpiti dall'annuncio degli studiosi americani, che viene visto soprattutto come un passo avanti nella tecnica piuttosto che una vera e propria novità dirompente. 
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mercoledì 29 maggio 2013

Antiepilettici efficaci contro il cancro

Antiepilettici efficaci contro il cancro 

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E se la risposta contro il cancro venisse da un medicinale «vecchio», già usato per altre patologie, ma dalle inaspettate proprietà curative? E' questa la domanda che ha spinto Marco Foiani, direttore di ricerca del ciclo cellulare e stabilità del genoma all'Istituto Firc di Oncologia molecolare di Milano, e Saverio Minucci, direttore della ricerca nelle alterazioni della cromatina nella tumorigenesi dell'Istituto europeo di oncologia, a intraprendere uno studio che oggi gli è valso la pubblicazione sulla rivista Nature. I due studiosi italiani hanno indagato l'attività di due farmaci: l'acido valproico (un anti-epilettico) e la rapamicina (un immunosoppressore utilizzato nel trapianto di organi). Facilitati nei tempi di sperimentazione dal fatto che i farmaci erano già noti e in uso - ma mai indagati fino in fondo nella loro azione biologica - i ricercatori milanesi hanno scoperto che entrambe le molecole agiscono contemporaneamente su alcuni processi importanti per lo sviluppo del tumore: la risposta ai danni al Dna, l'autofagia (la capacità della cellula di auto-distruggersi) e l'acetilazione delle proteine (un processo di regolazione proteica). E' stato così dimostrato che questi tre fattori non sono indipendenti, ma lavorano in stretta correlazione e sinergia nel prevenire la formazione delle cellule tumorali. La scoperta ottenuta con questa tecnica - chiamata drug repositioning - potrebbe però rivelarsi fondamentale non solo nel campo oncologico. «Collegando l'azione dell'acido valproico e della rapaminicina con la risposta al danno al Dna, potremmo avere una chiave di lettura di alcuni risultati affascinanti, ottenuti da studiosi impegnati nella ricerca delle malattie associate all'invecchiamento», ha concluso Foiani.
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martedì 28 maggio 2013

Malattie sessualmente trasmesse, il ritorno della sifilide

Malattie sessualmente trasmesse, il ritorno della sifilide 

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Giovani a rischio di malattie sessualmente trasmesse? Pare proprio di sì: si assiste ad un ritorno della sifilide e di altre patologie a trasmissione sessuale, reso più facile dalla scarsa prevenzione e dalla promiscuità. A ricordarlo è stata Barbara Suligoi, Direttore del Centro Operativo Aids dell'Istituto Superiore di Sanità, in occasione del Congresso della Società Italiana di pediatrica. I casi di sifilide, solo per fare un esempio, sono cresciuti dell'800 per cento dal 1996 al 2008. L'infezione è in crescita soprattutto tra i giovani maschi, in particolare omosessuali. La gonorrea, sempre per rimanere soprattutto nella popolazione maschile, ha invece avuto il suo punto più alto nel 2005. Oggi colpisce il 2,2 per cento dei giovanissimi, contro l'1 per 1000 registrato tra le ragazze. La prevalenza è più alta tra chi ha avuto partner multipli nei mesi precedenti. Si tratta solo di due esempi che fanno capire come il quadro da affrontare sia ancora complesso e come fondamentalmente manchino informazione e diagnosi precoce. Peraltro, la situazione non è allarmante solo in Italia. Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, 111 milioni di casi di malattie sessualmente trasmesse vengono registrati ogni anno tra i giovani sotto i 25 anni, contro un totale di 448 milioni di casi.
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