giovedì 27 novembre 2014

Farmaci e xerostomia, un rapporto complesso


Sono tante le possibili cause di secchezza delle fauci e tra queste anche i farmaci possono giocare un ruolo significativo. Una rapida retrospettiva sui possibili meccanismi d'insorgenza del problema viene effettuata in risposta ad una questione di un lettore e si conferma che la xerostomia può essere addebitata in primo luogo a forme patologiche autoimmuni che distruggono progressivamente le ghiandole salivari, così come che può essere aggravata dal consumo di elevate quantità di alcolici e dal tabagismo. La carenza di saliva, peraltro, può incidere sulla masticazione e sulla fonazione ma soprattutto, visto l'elevato contenuto di calcio e fosfati, contribuisce alla remineralizzazione delle lesioni cariose precoci. Viste queste basi di tipo anatomo-fisiologico, può essere utile ricordare che anche le terapie farmacologiche, seppur raramente e soprattutto dopo trattamenti cronici, possono dar luogo a qualche problema in questo senso. Vanno considerati come potenzialmente in causa in caso di xerostomia farmaci ad azione anticolinergica, come ad esempio alcuni antidepressivi, gli antipsicotici, alcuni medicinali anti-Parkinson. Inoltre può capitare che il paziente riferisca xerostomia in trattamento con beta-bloccanti o diuretici, oppure anche quando la cura viene effettuata con anti-ansia. Va comunque ricordato che l'effetto dei farmaci è reversibile.

martedì 21 ottobre 2014

Si può riparare il cervello?


Olle Lindvall, del Lund Stem Cell Center, non ha dubbi nel suo intervento a Bergamo Scienza. Non si può certo curare la malattia di Parkinson ad oggi con queste cellule, ma nemmeno si deve credere di non poter riparare alcuni danni cerebrali. Purtroppo il trapianto di staminali non è una soluzione per la malattia degenerativa visto che la malattia procede comunque, perché entrano in gioco diversi fattori che influenzano la patologia. Ma secondo Lundvall l'impiego di staminali dello stesso paziente potrebbe offrire importanti prospettive nella cura di altre condizioni.
Link: Riparare il Cervello

giovedì 16 ottobre 2014

Così i farmaci abbassano i valori di Psa


L'antigene prostato-specifico o Psa rappresenta sicuramente uno degli argomenti che più colpiscono la popolazione maschile, in particolare nella mezza età, quando la rilevazione del valore viene impiegata come strumento di screening per eventuali problematiche della ghiandola. Non stupisce quindi che le persone vogliano sapere se esistono farmaci in grado di abbassarne i livelli. Tralasciando per un attimo i medicinali impiegati per il trattamento del tumore prostatico, che hanno come effetto proprio la riduzione del Psa perché interferiscono con l'azione o la produzione del testosterone, non va però dimenticato che anche alcuni trattamenti non direttamente mirati al controllo di un'eventuale neoplasia o delle sue metastasi possono risultare utili per far scendere i valori di questo parametro. Ad esempio basti pensare all'azione dei classici inibitori della formazione del diidrotestosterone, come finasteride o dutasteride. La loro attività sul volume ghiandolare in caso di ipertrofia prostatica è ampiamente provata, ma si accompagna ad una riduzione dei livelli di Psa che mediamente possono essere doppi rispetto a quanto viene effettivamente rilevato in corso di terapia. Qualche riduzione - in genere poco significativa - del parametro si può avere anche nelle persone sottoposte a trattamenti con integratori o altri antiossidanti, così come gli antibiotici impiegati per la cura delle prostatiti hanno ovviamente un'azione sui valori di questo parametro.
Link: PSA

giovedì 9 ottobre 2014

Se uno streptococco crea problemi neurologici


Tic nervosi, paura immotivata di essere abbandonato, disturbi ossessivi-compulsivi in serie. E' iniziata così la storia di un bambino di due anni che è stato visitato da numerosi specialisti e che ha avuto diverse diagnosi errate prima di giungere alla soluzione meno evidente. All'origine di un quadro così complesso c'era un'infezione da streptococco, e il quadro che si è creato era di origine autoimmune, indotto proprio dal batterio. La malattia anche anche un acronimo che la definisce: Pandas, che sta per Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with Streptococcus.
link :Se uno streptococco crea problemi neurologici

martedì 7 ottobre 2014

Carcinoma prostatico, non sempre serve il bisturi


Come comportarsi quando si scopre un tumore della prostata? E' sempre necessario che il primo atto sia quello chirurgico di asportazione della ghiandola o si possono studiare strade alternative che non prevedano l'immediato ricorso al bisturi? A queste domande hanno risposto gli specialisti presenti nei giorni scorsi a Firenze per il Congresso della Società Italiana di Urologia. La linea da tenere, in base a quanto riporta la letteratura scientifica, non sembra essere sempre e comunque interventista: quando il tumore è di grado basso o addirittura molto basso anche un atteggiamento di osservazione vigile può essere più che giustificato. "Le classi di rischio, divise secondo diversi parametri, sono cinque: molto basso, basso, intermedio, alto e molto alto. Se è molto basso o basso è il caso di non fare nulla e controllare l'ipotetica evoluzione nell'arco dell'anno successivo alla diagnosi". Queste parole del presidente della Società Italiana di urologia Giuseppe Martorana spiegano perfettamente l'atteggiamento che oggi gli esperti puntano a tenere nei confronti di questa neoplasia, che pone a rischio un maschio su 16 sopra i 50 anni. Sul fronte della prognosi, la mortalità appare in calo costante. In questo caso tuttavia per gli esperti va sottolineata l'importanza della possibilità di diagnosi precoce, estremamente aumentata negli ultimi anni. sempre secondo Martorana, oggi su dieci pazienti che si operano solo due o tre sono considerati in stadio avanzato.
link: Carcinoma Prostatico

mercoledì 9 luglio 2014

Micoeditoriale Estate

Micoeditoriale della Rinascita (e trasformazione) estate 2014
FUNGHI- YIN E YANG E CANCRO
Salve cari amici della Micomedicina,
in questo mese (stagione) vi parlerò della rinascita: che cosa voglio dire con questo? Beh, dopo una lunga assenza, dovuta e varie ragioni, voglio sottolineare ai molti che ci davano per spenti, che siamo vivi e vegeti! E che, come fanno i funghi in questo periodo, ci ripresentiamo più gagliardi e tosti di prima, come dopo una lunga e faticosa camminata nei boschi proprio quando non te l’aspetti, tiè spunta il cappello vellutato dei un bel porcino !!. E per festeggiare la nostra rinascita (anche e soprattutto come Associazione), voglio regalarvi 5 articoli, che vi apriranno le coscienze, sulle basi concettuali della Micomedicina. Nel concetto di rinascita, è insito anche quello della trasformazione. E sono proprio i funghi, i grandi trasformatori della materia, che consentono la rinascita della vita. E’ bene ricordare che tutti gli organismi viventi , una volta cessato il ciclo vitale, vanno incontro ad una trasformazione sempre mediata dai funghi, che a seconda delle condizioni ambientali (presenza-assenza di ossigeno), determinano la via di decomposizione più efficace, cioè con il minor dispendio energetico, per arrivare a rimettere a disposizione dell’ambiente idrogeno con i suoi composti base come il carbonio, utile con l’ossigeno fornito dalle piante, alla produzione di acqua, e azoto cioè elemento base delle strutture proteiche e del DNA per produrre altri organismi viventi. I funghi rappresentano un ponte tra il regno minerale, a cui appartiene il carbonio e quello animale, a cui appartiene l’azoto. E tutti insieme funghi, piante e animali concorrono al grande cerchio della vita, dove ogni elemento consente la circolazione della vita con la trasformazione dell’uno nell’altro. Tutti noi siamo, in fondo, polvere di stelle che deriva dal Big-Bang primordiale che ha dato vita all’universo, ma anche energia dell’universo (Yang) condensata ovvero manifestata nel mondo visibile (Yin). E in questo gioco di equilibrio Yin-Yang (materia-energia) si inserisce la vita come attimo transeunte in cui un’energia convogliata organizza una materia base che sappiamo essere la stessa per tutti gli organismi viventi. E qui mi fermo altrimenti andremo troppo oltre, vi rimando agli
articoli 1) Definizione di Yin e Yang e 2) I quattro elementi , e l’evoluzione del concetto di Elemento da Talete a Lamery con un interessantissimo escursus storico sul concetto di elemento. L’articolo n° 3) sulla Medicina Tibetana e il 4° in spagnolo sui Temperamenti e la Morfologia Ippocratica rappresenta l’evoluzione pratica nella medicina dei primi due articoli con l’oriente fra medicina cinese (yin-yang e legge dei 5 elementi) e indiana/tibetana (Chakra e Dosha), e l’occidente con le teorie degli umori e i temperamenti ippocratici e quelle costituzionaliste omeopatiche. Noi con la Micomedicina stiamo lavorando ad una unificazione delle due anime della medicina, come nel nostro logo, attraverso il fungo, elemento questo di trasformazione e di rinascita.
E non poteva mancare un po’ di sana e recente (2013) ricerca (molto allopatica), sulle proprietà antitumorali dei funghi: un importante lavoro del MIT (occidentale) su 60 molecole prodotte (alcaloidi) naturalmente dai funghi che hanno dimostrato possedere una forte azione inibente selettiva proprio contro le cellule cancerose, insieme ad altri due articoli di ricercatori orientali (cinesi) uno sul Coriolus versicolor con un ‘ azione antiproliferativa –antitumorale su K mammario nel topo con un 70% di decremento di metastasi al polmone e un aumento del 36% del peso con solo poche settimane di trattamento a dosaggio di 1 gr pro kg di peso e sul Cordyceps cicadae che attraverso il perossido di ergosterolo (EP) in animali da laboratorio, produce effetti antifibrotici nel rene rallentando l’evoluzione verso il rene grinzo e l’insufficienza renale.
Spero di essere riuscito ad allargare la coscienza e di avervi fornito elementi utili della più recente ricerca scientifica sui funghi, così potrete parlarne nei convegni, ma per cortesia quantomeno citatemi!
Cordiali saluti
Dott Maurizio BAGNATO MD

giovedì 3 luglio 2014

Tbc, arrivano nuovi test per riconoscerla


Esistono metodiche di laboratorio che consentono il riconoscimento del batterio che provoca la tubercolosi in tempi molto rapidi. Lo ricordano gli esperti della Società Italiana di Pediatria, facendo presente che grazie a questi test diventerà più facile anche valutare l'eventuale possibilità di risposta dell'infezione ad una determinata terapia. Arrivare presto con la diagnosi grazie ai progressi della medicina di laboratorio, quindi, potrebbe significare una maggior efficacia della terapia e un miglior controllo delle resistenze.
TBC

giovedì 15 maggio 2014

5x1000

SI RICORDA A TUTTI I SIMPATIZZANTI DELL’ONLUS DI MICOMEDICINA CHE E’ POSSIBILE, NELLA PROSSIMA DICHIARAZIONE DEI REDDITI, CONTRIBUIRE CON IL VS 5X1000 ALLA REALIZZAZIONE DELLA MEGA SERRA DIDATTICA-SPERIMENTALE PER LA COLTIVAZIONE DEI FUNGHI OFFICINALI E DI FORMAZIONE LAVORO PER I DISABILI OLTRE ALLE ATTIVITA' SANITARIE (SPORTELLO ONCOLOGICI , MALATTIE RARE ECC. ) PRESSO LO STUDIO DI VIALE GIUSTINIANO IMPERATORE 15 RM (VEDI BROCHURE ALLEGATA ) . PER FARLO E’ SEMPLICE NELLA PROSSIMA DICHIARAZIONE DEI REDDITI RICORDA DI INDICARE IL NOME: ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DI MICOMEDICINA ONLUS ED IL N° DI CODICE FISCALE 97565770589
Per altre info visitate il sito :www.micomedicina.com/bro2014.pdf

martedì 6 maggio 2014

Poliomielite, ora l’OMS lancia l’allarme

Poliomielite, ora l’OMS lancia l’allarme

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Guerre ed abbassamento della guardia sul fronte della prevenzione. Sarebbe questo cocktail socio-sanitario a spiegare la ripresa delle infezioni da virus polio nel mondo, giunte ormai ben oltre la soglia d'allarme tanto da far decretare all'Oms "lo stato di allerta per la salute pubblica". La diffusione della malattia infettiva sarebbe infatti un evento straordinario che richiede una risposta globale. A preoccupare sono in particolare i cosiddetti casi di esportazione. Nei primi mesi del 2014, in un periodo dell'anno che normalmente è caratterizzato da una scarsa prevalenza dei virus, diversi casi di malattia sono giunti in altre aree partendo da paesi come Pakistan, Camerun e Siria. Per questo la situazione è particolarmente preoccupante, visto che molte persone possono fuggire da nazioni in cui i conflitti sono all'ordine del giorno e il tasso di vaccinazione è particolarmente ridotto. Le cifre dicono che dall'inizio del 2014 ci sono stati 117 casi di infezione in 10 diversi Paesi, con un'elevata concentrazione in Pakistan. Il rischio, secondo l'Oms, è che la malattia ritorni endemica anche dove è stata eliminata. Sia chiaro, al momento le cifre non destano particolare allarme, ma la tendenza è sicuramente preoccupante. Per questo la stessa Organizzazione raccomanda che chi esce dai tre Paesi sopracitati sia vaccinato e abbia un certificato che attesti l'avvenuta protezione nei confronti del virus polio.
Poliomielite

venerdì 25 aprile 2014

Blu di metilene e malattia di Alzheimer

Blu di metilene e malattia di Alzheimer 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Il blu di metilene è un colorante datato che ora viene proposto come possibile trattamento per chi soffre di malattia di Alzheimer. La sua azione sarebbe legata non tanto all'amiloide, la sostanza che si accumula nelle cellule delle persone malate, ma piuttosto ad altri composti chiamati proteine Tau. La "mancanza di pulizia" delle cellule cerebrali è stata correlata con l'evoluzione di numerose forme di demenza, e non solo della malattia di Alzheimer. Al momento, tuttavia, dati clinici non sostengono l'effettiva utilità del trattamento per questa forma di demenza.
Blu di metilene e Alzheimer

domenica 13 aprile 2014

Avanza la sanità elettronica

Avanza la sanità elettronica 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

La cattiva notizia è che solo il 9 per cento degli ospedali in Europa consente ai pazienti di accedere del tutto o in parte alla cartella elettronica online. La buona notizia è che l'informatizzazione dei sistemi è ormai diventata una realtà. Sei medici di medicina generale su dieci hanno utilizzato strumenti di assistenza sanitaria in rete nel 2013, con una crescita del 50 per cento rispetto al 2007. Il dato emerge da un'indagine della Commissione europea, che sottolinea l'importanza di una ancor maggior diffusione di questo approccio.
Sanità Elettronica

martedì 1 aprile 2014

Sla, l’Italia individua un gene fondamentale nella genesi della malattia

Sla, l’Italia individua un gene fondamentale nella genesi della malattia 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Gli entusiasmi vanno frenati, anche perché passare dalla ricerca di laboratorio ad un'applicazione terapeutica non sarà né facile né rapido. Ma è certo che la ricerca italiana sulle forme familiari di sclerosi laterale amiotrofica, meglio nota con la sigla Sla o come malattia dei calciatori visto l'elevato numero di casi di patologie manifestatisi nel mondo dello sport, aggiunge un altro importante tassello alle conoscenze della scienza. La buona notizia viene dalla copertina di Nature Neuroscience, che la prestigiosa rivista dedica all'individuazione del gene "Matrin 3" da parte di un consorzio cooperativo di scienziati italiani coordinati da Adriano Chiò del Centro Sla dell'Ospedale Molinette di Torino. Il tratto di Dna che avrebbe un ruolo importante nel determinare il quadro patologico in specifiche condizioni è stato riconosciuto in famiglie con diversi soggetti che presentano la malattia neurologica associata a demenza fronto-temporale. Al momento non si può parlare di ripercussioni terapeutiche della scoperta, ma è certo che conoscere meglio le origini della Sla significa porre la basi per arrivare a meglio conoscere potenziali target farmacologici su cui agire. Siamo ancora nella fase della "ricostruzione" del mosaico, fatto di tantissimi tasselli. Ma lo stesso Chiò ricorda come grazie a quest'ultima scoperta si sia riusciti a capire che l'Rna avrebbe un ruolo centrale nella genesi della malattia e quindi potrebbe diventare "il bersaglio di farmaci complessi e intelligenti".
SLA

sabato 29 marzo 2014

Ebola, una nuova epidemia in Africa

Ebola, una nuova epidemia in Africa 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Il virus Ebola, ciclico allarme di ritorno che si riaccende spesso nei paesi dell'Africa equatoriale come Zaire e Sudan, è drammaticamente forte. Porta a febbre elevata, vomito, diarrea gravi disturbi respiratori. E spesso, purtroppo, fa morire, perché nel suo Rna è disegnato anche il potere di provocare emorragie diffuse, che colpiscono gli organi interni. Oggi la febbre emorragica causata da questo virus ritorna a far paura, anche perché responsabile di quanto si sta verificando in alcune aree della Guinea è il ceppo più virulento dei quattro che possono attaccare l'uomo. Nelle due comunità del Paese africane interessate dall'infezione la mortalità è già terribilmente elevata: siamo al 71 per cento. La media di mortalità del virus è peraltro più elevata, aggirandosi intorno all'80 per cento. Come spiega Silvia Mancini di Medici senza frontiere, il fatto che il virus porti rapidamente a morte chi ne è colpito paradossalmente può rappresentare un elemento positivo in termini di diffusione dell'infezione, perché diventa molto difficile la trasmissione interumana. Certo è che "si sa pochissimo del virus e purtroppo non esiste una cura", dice Mancini. Al momento, infatti, l'unico trattamento che viene effettuato è l'idratazione e un approccio sintomatico sulla febbre e sul dolore. La speranza per chi non è colpito dal virus è tenerlo lontano: l'infezione si manifesta con sintomi simili a quelli della malaria, almeno nella prima fase, poi il virus attacca il sistema immunitario ed inizia a determinare le gravissime emorragie. L'incubazione può essere solo di due giorni.
Ebola virus

giovedì 27 marzo 2014

Troppo costosi i farmaci per i malati rari

Troppo costosi i farmaci per i malati rari 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

L'Istituto Mario Negri di Ranica, in provincia di Bergamo, ha ospitato un convegno di studiosi europei e americani che ha avuto come obiettivo le malattie rare. Anche se tra il 5 e il 10 per cento della popolazione deve fare i conti con queste innumerevoli patologie, ad oggi le risposte terapeutiche sono ancora limitate anche perché non ci sarebbe un particolare interesse dell'industria farmaceutica per queste condizioni. Da qui è nata l'idea di chiedere un impegno specifico alle aziende attraverso un documento firmato in occasione del convegno, che verrà pubblicato su Lancet.
Farmaci

mercoledì 26 marzo 2014

Statine, un ruolo nel trattamento del tumore mammario?

Statine, un ruolo nel trattamento del tumore mammario? 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

L'ipotesi è di quella apparentemente molto affascinanti, almeno sotto l'aspetto della conoscenza scientifica. Esisterebbe una sorta di "alleanza maledetta" che lega l'avanzata del tumore della mammella con i meccanismi che favoriscono la formazione del colesterolo. In base a questa visione fisiopatologia allora, perché non pensare ai trattamenti impiegati per abbassare i valori del grasso nel sangue anche nell'approccio terapeutico alla neoplasia mammaria? E' questa, in estrema sintesi, l'ipotesi che fa pensare ad un ruolo delle statine nella cura di questa forma tumorale. A lanciarla è una ricerca tutta italiana, condotta al Laboratorio Cib di Area Science Park a Trieste in collaborazione con l'ateneo giuliano e l'Università di Padova. Lo studio, pubblicato su Nature Cell Biology, dimostra per la prima volta come la via metabolica che porta alla produzione di colesterolo sia in realtà particolarmente complessa e come coinvolga anche fattori chiave della genesi e dello sviluppo del tumore mammario: in particolare, pare che questi invisibili "incroci" siano importanti nel meccanismo che conduce a metastasi oltre che nel determinarsi della resistenza alla chemioterapia. Le statine, quindi, potrebbero influire sui processi che portano il tumore a "sfruttare" le vie che portano alla sintesi e all'impiego del colesterolo. Per saperlo, sono al via studi clinici mirati. 
Statine

martedì 25 marzo 2014

Bpco, un nuovo approccio per l’appropriatezza

Bpco, un nuovo approccio per l’appropriatezza

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Tante diagnosi di Bpco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, ed ancora pochi controlli spirometrici, sia prima del riconoscimento della patologia sia nel monitoraggio della stessa. Per contrastare questa tendenza, all'Ospedale di Imperia nasce un modello che parte dalla medicina generale: il medico riceve dalla Asl le informazioni sui pazienti in trattamento con farmaci indicati per la patologia, quindi il medico stesso lo invia alla pneumologia del nosocomio dove effettua la spirometria, riceve la diagnosi e l'impostazione terapeutica, al fine di ottimizzare i costi e gestire meglio la patologia cronica con il trattamento più indicato.
Broncopneumopatia

lunedì 24 marzo 2014

Malattie rare, qualcosa può davvero cambiare

Malattie rare, qualcosa può davvero cambiare

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento 

L'impegno è di quelli davvero importanti per la salute di chi deve fare i conti con una malattia rara. La Camera dei Deputati ha appena deciso di invitare caldamente il Governo a sistemare la situazione nazionale in questo ambito, per eliminare i tanti problemi che ancora accompagnano i malati ed i loro familiari e che spesso sono diversi da una regione all'altra, al punto di creare una vera e propria discriminazione. Come se non bastasse, è la segnalazione di Sergio Harari, per alcune di queste patologie non esiste nemmeno un chiaro riconoscimento sul fronte dei Livelli essenziali di assistenza. Questo elemento crea ulteriori problematiche, pur se in alcune situazioni il mancato riconoscimento è legato alla troppo recente scoperta della "nuova" malattia. Certo è che si tratta di un'altra barriera da superare per il malato e i suoi familiari, che contribuisce ad aumentare la discriminazione. Oggi, secondo Harari, sarebbero circa 10.000 i malati in attesa di riconoscimento (della loro patologia, ovviamente) nel solo settore delle patologie di pertinenza pneumologica. In questo caso, peraltro, il motivo va ricercato anche nel mancato aggiornamento dell'elenco nazionale che risale a diversi anni fa. Tutte queste situazioni potrebbero essere "sanate" dal Governo, che addirittura si trova a dover rispondere all'appello dei deputati per almeno 109 malattie citate nel documento. Infine, un altro dato importante: la Camera chiede la defiscalizzazione delle spese in Italia per la ricerca e spinge per avere misure mirate per i farmaci orfani, come accade negli Usa. La sfida, insomma, è davvero significativa.
Malattie rare

sabato 22 marzo 2014

Tutti i segnali d’allarme del gioco compulsivo

Tutti i segnali d’allarme del gioco compulsivo 

Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento

Le cifre sono sicuramente impressionanti. Secondo una ricerca dell'Università La Sapienza di Roma sarebbero poco meno di 800.000, per l'esattezza 790.000, gli italiani esposti alla dipendenza dal gioco d'azzardo. E il numero non è certo destinato a calare nel tempo, anzi piuttosto a crescere, visto che mentre in qualche modo le sale "ufficiali" da gioco come i casinò si alleano per contrastare la diffusione del "vizio", l'offerta di slot e altre opportunità a facilissimo accesso - basti pensare in questo senso ai bar - può solo peggiorare la situazione. Importante è quindi riconoscere i segnali d'allarme di chi ha sviluppato una vera e propria ludopatia, come le ricorda Lindo Ferrari, direttore del SerT di Aosta. Ad esempio, ci vuole attenzione se la persona modifica il proprio classico stile di vita, rinuncia agli appuntamenti, non ha più le stesse abitudini. Va anche ricordato che spesso chi è entrato nel tunnel della ludopatia non giova più per il semplice divertimento, ma per ricuperare le perdite e parla praticamente solo di denaro e gioco. I soldi paiono mancare sempre e soprattutto arriva la giustificazione costante che spiega perché ogni dinamica apparentemente ludica, dal semplice gratta e vinci al bingo, diventi uno strumento per passare in tempo e vincere lo stress. Ovviamente questi segnali generali vanno poi letti nel singolo individuo e ci vuole attenzione. Quando però la persone tende a rompere le relazioni e soprattutto pare quasi non riconoscere il proprio problema, può essere sicuramente efficace l'aiuto di chi gli vive vicino per portare il ludopatico a chiedere aiuto. E' il primo passo per affrontare la situazione.
Gioco Compulsivo

venerdì 14 marzo 2014

Dai funghi un nuovo aiuto nella lotta al cancro

Dai funghi un nuovo aiuto nella lotta al cancro 

Un nuovo aiuto per la lotta al cancro. È quanto è stato scoperto da uno studio di un team dell'Istituto di biochimica delle proteine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibp-Cnr) di Napoli, capitanato da Daniela Corda. La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS. Il cancro, per definizione, può essere considerato una "malattia genetica multistep". Per malattia genetica si fa riferimento semplicemente alle cause scatenanti di un tumore: anomalie e mutazioni all'interno del DNA. Questo non significa che i tumori siano ereditari come il colore degli occhi, ma solo in alcuni casi potrebbe esistere una predisposizione ereditaria ad un determinato tipo di tumore, dovuto alla trasmissione da una generazione all'altra di un "difetto genetico" di base. Infatti, viene considerata una malattia "multistep" poiché, nella maggior parte dei casi, una serie di eventi genetici devono concorrere affinché una cellula sana si trasformi in cancerosa. Questa, dividendosi, darà origine ad un'intera popolazione di cellule tumorali. Rispetto alle cellule normali, le cellule cancerose presentano delle caratteristiche peculiari, tra le quali la crescita incontrollata che ne permette la diffusione all'interno dell'organismo colpito, dovuta anche alla perdita della capacità di "poter programmare la propria morte", l'apoptosi. I principali trattamenti oggigiorno hanno come bersaglio il blocco della divisione cellulare, la mitosi. Questo avviene soprattutto nei trattamenti chemioterapici, che spesso però hanno conseguenze negative anche sul resto dell'organismo e sulle cellule sane. I ricercatori hanno scoperto che una tossina derivante da un fungo, la brefeldina A, utilizzata già come antibiotico, in presenza dell'enzima CD38, presente sulla superficie di molte cellule del sistema immunitario e del coenzima NAD+ forma una nuova molecola, chiamata BAC (BFA-ADP-ribosylated Substrate). Questa è in grado di legare una proteina che regola il ciclo cellulare, la CtBP1/BARS, inibendola. La proteina CtBP1/BARS svolge svariate funzioni. Per esempio nel nucleo contribuisce a bloccare la trascrizione di geni che determinano l'apoptosi. Lo studio assume un'importanza fondamentale nell'ottica di inibire la proliferazione tumorale in maniera specifica e mirata. Questa nuova molecola permetterebbe lo sviluppo di farmaci innovativi diretti contro una classe di tumori che esprimono l'enzima CD38, come linfomi e mielomi
Funghi contro il Cancro

mercoledì 12 marzo 2014

Uso alimentare dei funghi nelle diete

Uso alimentare dei funghi nelle diete 

Lo studio, pubblicato dalla rivista di settore The FASEB Journal e recentemente presentato anche presso la rassegna Experimental Biology 2013, ha preso in considerazione un campione di 73 persone con un età media di circa 48 anni. Tutti i partecipanti erano in sovrappeso o obesi e nell’88% dei casi erano donne. Tutti i volontari sono stati sottoposti ad analisi di routine e poi successivamente suddivisi in due gruppi: uno al quale al posto della carne rossa veniva somministrata una tazza di champignon al giorno, e l’altro sottoposto ad una dieta normale senza variazioni come gruppo di controllo. Alla fine della sperimentazione, durata un anno, ulteriori controlli hanno permesso di verificare come il campione appartenente al primo gruppo avevano perso circa 3,18 chili, migliorato l’indice di massa corporea e perso quasi 7 cm al girovita. Mantenendo i risultati ottenuti nel tempo. Gli scienziati sottolineano che lo studio da loro condotto dimostra come sia confermato ciò che le precedenti ricerche mediche avevano riscontrato, ovvero che gli alimenti a bassa densità energetica possono essere efficaci nel ridurre l’assunzione di cibi eccessivamente calorici e grassi. Senza contare il senso di sazietà acquisito. Una buona notizia per coloro che vogliono perdere i chili di troppo senza fare troppe rinunce, che ne dite? Tutti a mangiare funghi!
Funghi Dieta

lunedì 10 marzo 2014

MICOEDITORIALE

MICOEDITORIALE 
Ganoderma lucidum e caffè: la svolta 

Carissimi amici della Micomedicina, dopo un lungo silenzio durato oramai 5 mesi, eccoci di nuovo qui a scrivere di funghi e di un altro modo di vedere la medicina, attraverso di loro, appunto. Questo periodo senza micoeditoriale, non è passato invano, infatti siamo tornati più forti e determinati di prima con un Micoeditoriale che definirei della svolta. Abbiamo in particolare le idee più chiare su un punto fondamentale, i funghi comunque vengono assunti fanno bene, ma soprattutto devono essere assunti quotidianamente possibilmente nei pasti e nelle bevande di comune utilizzo come il caffè. Qualche purista dell’uno o dell’altro alimento storcerà il naso: follia mettere un fungo nel caffè, ma personalmente ho fatto come San Tommaso, ho fatto provare agli altri e sono stato a guardare per un po’ di tempo (circa un anno) raccogliendo un dossier sugli effetti e sulla palatabilità; le conclusioni hanno sorpreso anche me, il fungo in questione (Ganoderma lucidum) assunto regolarmente nel caffè o in altri prodotti come la cioccolata o il thè verde sotto forma liofilizzata e con una percentuale minima (dal 5 al 10%), ha dimostrato di possedere gli effetti salutistici noti ed in particolare di agire regolarizzando la pressione arteriosa, migliorando gli indici epatici, risolvendo molti casi di allergie, dermatiti e di astenia cronica, rivitalizzando e agendo su situazioni degenerative importanti etc etc (vedasi articolo sotto e a lato), insomma gli effetti per i quali è noto nella medicina tradizionale cinese come il fungo della longevità e della salute riservato agli imperatori cinesi. Ed il caffè è anche buono!! Per i produttori è stato l’uovo di colombo, riuscire a creare un superalimento gradevole al palato che assunto più volte al giorno, come il caffè, riuscisse a raggiungere quella dose minima di principio attivo, ma sufficiente a produrre un effetto sulla salute immediato e durevole. Le sostanze attive nel Ganoderma lucidum sono molteplici, in particolare mi soffermerò sui polisaccaridi (Beta-glucani) e sul Germanio, un oligoelemento metalloide, di cui è ricco il Ganoderma che è la più potente sostanza antiossidante esistente in natura capace di legare ben otto atomi di ossigeno. L’azione del Ganoderma è insieme antiossidante dovuta al Germanio e immunostimolante per i beta-glucani ed è esaltata dall’estrazione in acqua calda come nel caffè, dove in particolare il Germanio assume una forma ionica energeticamente attiva che riesce a penetrare facilmente nelle cellule attraverso la membrana cellulare. L’azione del calore dell’acqua calda favorisce anche il salto elettronico dovuto agli ioni metallici nei mitocondri, capace di produrre energia sotto forma di ATP che rappresenta la respirazione cellulare con effetto anti radicali liberi (antiossidante). E’ proprio la respirazione cellulare che si favorisce con il germanio che è alla base degli effetti rivitalizzanti e detossificanti del Ganoderma che vengono amplificati dalla stimolazione immunitaria sui linfociti e citochine dei Beta-glucani contro le aggressioni virali e batteriche. Insomma un superalimento completo con un caffè, un’idea geniale. Nel riquadro in alto a sinistra, come di consueto, ho inserito alcuni articoli collegati con la tesi del micoeditoriale; il primo è tratto dalla mia tesi di Master di Fitoterapia all’Università di Siena che ho discusso a Dicembre u.s. ed è relativo ad un grosso studio effettuato negli USA durato un anno, sul confronto fra diete ipocaloriche effettuate sostituendo i funghi (alimenti a più bassa densità energetica) al posto della carne, anche in questo caso grandi risultati con i funghi: a parità di calorie quelli con i funghi dimagrivano di più (3,18kg) e soprattutto mantenevano i risultati più a lungo. Per questo oramai da alcuni anni nella piramide alimentare degli USA, occupano un posto fondamentale i funghi con una RDA quasi giornaliera! Altro articolo, dai funghi un nuovo (ed ennesimo!) aiuto nella lotta contro il cancro, da una ricerca italiana la tossina di un fungo Brefeldina A blocca una proteina che regola il ciclo cellulare delle cellule cancerose bloccando la trascrizione e favorendo l’apoptosi. Ed infine due articoli che ribadiscono il ruolo fondamentale dell’alimentazione possibilmente integrata con i funghi e con il caffè al Ganoderma di cui, da questo momento, ci facciamo portavoci ufficiali: la supplementazione con integratori multivitaminici, secondo la US Preventive Services Task Force (organo ufficiale USA), non avrebbe senso in chiave preventiva ed anzi potrebbero risultare nocivi (Vitamina E e carcinoma polmonare e alla prostata) , l’altro sul Junk Food (cibo spazzatura) anche questo come i composti multivitaminici, caro agli americani, le glicotossine dal metabolismo di carboidrati provenienti dai JF favorirebbero la M. di Alzheimer. Cosa stiamo aspettando a mangiare funghi tutti i giorni, che siano champignon trifolati o fettuccine ai porcini e a seguire un bel caffè al Ganoderma ? 
Buona lettura 
Dott Maurizio BAGNATO MD
Associazione

martedì 4 marzo 2014

Melanoma, confermato il pericolo sole

Melanoma, confermato il pericolo sole 

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L'eccessiva esposizione solare sarebbe in grado di rendere più facile la comparsa di metastasi dopo un melanoma. La dimostrazione viene da una ricerca tedesca, condotta in collaborazione con gli scienziati dell'Ospedale San Raffaele di Milano e pubblicata su Nature. Lo studio mette in luce un meccanismo estremamente temibile, che vede le cellule neoplastiche rilasciare particolari sostanze che ne favoriscono la diffusione all'interno dei vasi sanguigni. Il tutto sarebbe scatenato proprio dall'azione delle radiazioni solari.
Melanoma

sabato 1 marzo 2014

Trapianto di staminali come cura per malattia rara del sangue

Trapianto di staminali come cura per malattia rara del sangue 

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In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare arriva una buona notizia dall'Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Grazie ad un trapianto di staminali si è riusciti a curare definitivamente una patologia rara, la malattia granulomatosa cronica, che porta all'incapacità di distruggere alcuni tipi di batteri e di altri patogeni. Da questo difetto di funzione dei globuli bianchi ne derivano episodi infettivi spesso assai gravi, come polmonite, ascessi del fegato, infezioni cutanee, infezioni dell'osso che limitano marcatamente sia la durata della sopravvivenza che la qualità della medesima. La malattia si presenta fin dai primissimi anni di vita, come si è verificato nei due fratellini trapiantati dall'Ospedale Bambino Gesù. Uno di essi, prima di essere sottoposto al trapianto di cellule staminali, era stato sottoposto a un intervento di asportazione di larga parte di uno dei polmoni. Le terapie mediche possono controllare e, parzialmente, prevenire lo sviluppo di infezioni gravi. Tuttavia, sono rari i soggetti che, con questa patologia, superano i 30 anni di età e, nei pochi che raggiungono questa soglia, vi è assai spesso un danno invalidante, soprattutto a carico dei polmoni. Il trapianto di cellule staminali del sangue può curare definitivamente questa patologia. Per entrambi i bambini, è stato impiegato un donatore identificato al di fuori dell'ambito familiare nei Registri internazionali dei donatori. I due bambini trapiantati sono, rispettivamente, a 12 e 2 mesi dal trapianto ed entrambi godono di ottima salute, non avendo riportato alcuna complicanza significativa dal trapianto. La conferma delle potenzialità di questo approccio viene da Franco Locatelli, responsabile del dipartimento di Oncoematologia del nosocomio romano, che ha seguito il caso dei due fratelli.
Trapianto Staminali

lunedì 24 febbraio 2014

Metastasi da tumore del colon: una strategia per arrestarle?

Metastasi da tumore del colon: una strategia per arrestarle?

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Nel 20 per cento circa dei casi di metastasi epatiche da tumore del colon-retto il trattamento farmacologico con inibitori dell'Efgr consente di bloccare lo sviluppo delle cellule neoplastiche. Purtroppo però questa azione si realizza solo per un certo periodo di tempo, poi le cellule sviluppano resistenza e quindi diventano in pratica insensibili alla terapia, riprendendo a svilupparsi. Ora uno studio italiano dimostra che grazie all'associazione di questi farmaci con i Mek-inibitori si riesce ad ottenere un completo stop della riproduzione delle unità metastatiche, ottenendo, almeno in vitro su cellule prelevate da biopsie epatiche, il completo blocco della replicazione delle cellule maligne. Ad aprire la porta alla speranza è una ricerca tutta italiana, condotta all'Università di Torino, all'Irccs di Candiolo e all'Ospedale Niguarda di Milano e coordinata da Sandra Misale e Alberto Bardelli, apparsa su Science Translational Medicine. In pratica l'approccio combinato prevede di attaccare le metastasi sia agendo a a monte del percorso di sviluppo cellulare, sia, appunto con i Mek-inibitori, a valle del processo. Per ora siamo solo in provetta e ora si tratta di provare anche nei malati questa realtà, che apre la strada a nuove speranze di arrestare l'avanzata di uno dei più temuti big-killer. "Per questo sta per partire un primo studio clinico su circa 80 pazienti con metastasi resistenti alla terapia, in cui verrà valutato l'effetto di questa "doppietta" - precisa Bardelli. La ricerca si svolgerà da noi a Candiolo e al Niguarda di Milano e la speranza è che quanto osservato in laboratorio si ripeta anche al letto del malato".
Metastasi da tumore del colon

giovedì 20 febbraio 2014

CFS, un problema da tenere presente

CFS, un problema da tenere presente 

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Una serie di racconti di pazienti riaccende la luce sulla sindrome da stanchezza cronica, meglio nota come CFS (Chronic Fatigue Syndrome). Il quadro può colpire persone di ogni età ed è fondamentale giungere presto ad una diagnosi, come ricorda Umberto Tirelli, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell'Istituto dei Tumori di Aviano, tra i maggiori esperti italiani sul quadro patologico. Non bisogna infatti dimenticare, a detta dell'esperto, che una fortissima astenia rappresenta uno dei sintomi più frequentemente riportati al medico di medicina generale al momento della visita e come questo quadro possa essere legato ad un insieme di cause organiche ben definite, come ad esempio la presenza di un tumore, un quadro di ipotiroidismo non riconosciuto o più semplicemente una condizione depressiva. Una volta giunti a riconoscere la patologia, in ogni caso, occorre mettere in atto un trattamento mirato, che consenta innanzitutto di contrastare il dolore che è un segno presente nel quadro clinico. Si tratta quindi di attivare una serie di proposte terapeutiche, pur se in assenza di una ben definita terapia causale, che consentano di migliorare la situazione e diano speranza di arrivare ad una soluzione definitiva della patologia. In genere il cocktail di cure si basa su mutamenti dello stile di vita e su un insieme di interventi farmacologici che prevede l'impiego di diverse componenti, come antivirali, cortisonici, regolatori del sistema immunitario e anche semplici integratori.
CFS, un problema da tenere presente

martedì 18 febbraio 2014

Test genomici per scegliere la chemioterapia, tra realtà e ipotesi

Test genomici per scegliere la chemioterapia, tra realtà e ipotesi 

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 L'obiettivo è sicuramente affascinante: visto che i tumori mammari sono di tanti tipi, e diversi tra loro, meglio studiarli non solo sotto l'aspetto dei recettori ma anche in base al profilo genetico delle cellule che li determinano. Poi, sulla scorta di questa informazione, si può pensare se e quale tipo di trattamento può essere più efficace per ogni singolo caso. Questo approccio, che si impiega soprattutto nel caso di specifiche forme tumorali, può rivelarsi utile per immaginare il percorso clinico della patologia e definire le strategie di chemioterapia. Un esempio di questi test viene dal cosiddetto Oncotype DX, valicato su oltre 4000 donne in diversi studi internazionali e già è stato impiegato in centinaia di migliaia di volte per definire l'utilità o meno della chemioterapia. Secondo Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di oncologia medica all'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, "disporre di quest test che studia specificamente 21 geni e analizza le interazioni, la funzionalità e il profilo molecolare del tumore potendo così ipotizzare se la neoplasia si ripresenterà entro 10 anni dalla diagnosi e se la chemio è veramente necessaria è utilissimo". Secondo gli esperti, peraltro, l'impiego del test impatta notevolmente sull'approccio terapeutico: addirittura in quattro casi su dieci può portare a modificare la terapia, conducendo a evitare la chemioterapia nei due terzi delle pazienti e associandola all'ormone terapia in un terzo.
Test genomici

lunedì 17 febbraio 2014

Semi d’uva per limitare i danni della chemioterapia

Semi d’uva per limitare i danni della chemioterapia 

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A volte anche elementi del tutto naturali possono contribuire al benessere. L'ennesima prova di questa realtà viene da una curiosa ricerca condotta in Australia. Secondo quanto riporta lo studio, per limitare l'impatto della chemioterapia antitumorale in termini di effetti collaterali basterebbero anche i semplicissimi semi d''uva che peraltro avrebbero un altro effetto importante: con la loro presenza potrebbero aumentare l'efficacia delle cure in caso di tumore del colon.
Semi d'uva contro la chemio

sabato 15 febbraio 2014

Alcol e fumo uguali alla cannabis per gli adolescenti

Alcol e fumo uguali alla cannabis per gli adolescenti 

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La ricerca dell'Inserm, Istituto Francese per la Salute e la Ricerca medica, è sicuramente destinata a far discutere. Per la prima volta, infatti, alcolici, fumo di sigaretta e cannabis vengono posti sullo stesso identico piano per quanto riguarda gli effetti sui giovanissimi. A tal punto gli effetti sarebbero pressochè sovrapponibili che gli esperti sottolineano fondamentalmente un aspetto: occorre tenere lontani i teen-agers da questi fattori esterni, visto che i loro effetti possono essere particolarmente pericolosi a quell'età, ben più di quanto si osserva negli adulti. Il consumo precoce di alcol, tabacco e cannabis in particolare accresce di molto il rischio di dipendenza e di danni conseguenti. Per gli esperti francesi, poi, non bisogna sottovalutare quanto oggi la scienza dica sugli effetti di queste sostanze assunte con regolarità in età giovanile. Ad esempio si sa che gli alcolci possono avere effetti estremamente significativi sul cervello del giovane, anche per l'ancora incompleta formazione dei sistemi detossificanti dell'etanolo. Gli stessi effetti sul tessuto cerebrale possono esserci anche in caso di consumo di cannabis, specie se questo è iniziato prima dei 15 anni di età. Per il fumo, ovviamente, l'elenco dei potenziali danni all'organismo in formazione è già noto da tempo. In base ai risultati degli scienziati dell'Inserm, peraltro, sarebbe sempre importante cercare di identificare i giovani a maggior rischio per affrontare al meglio la situazione. In questo senso, ad esempio, si sa che i teen-agers che hanno genitori con condotte di dipendenza sono più esposti allo sviluppo di queste condizioni, così come le difficoltà scolastiche possono "spingere" più facilmente verso il richiamo delle sostanze in questione.
Alcool e fumo

venerdì 14 febbraio 2014

Nanotech per combattere il cancro

Nanotech per combattere il cancro 

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Preservare le parti sane del corpo concentrando l'azione del farmaco ad azione citotossica esclusivamente nelle aree in cui ci sono cellule neoplastiche. Sembra un sogno poter programmare approcci terapeutici di questo tipo, ma siamo già nel mondo della realtà grazie ai "nano-trasportatori" intelligenti, che si fanno carico di trasportare il farmaco anti-neoplastico esattamente dove serve, evitando che gli effetti della molecola si disperdano nell'organismo. Un esempio di questa innovativa strada di ricerca viene dagli studi dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e del CNR: la ricerca condotta dagli scienziati romani è stata pubblicata sulla rivista Nanoscale e conferma come ormai si sia già andati oltre i primi studi eseguiti solo su modelli sperimentali. I ricercatori romani sono infatti già arrivati ad applicare questo approccio, per ora non disponibile in clinica, sul melanoma, al fine di potenziare l'azione del chemioterapico cisplatino associato ai nanovettori. Questi vengono "costruiti" a partire da una proteina umana, la ferritina, che ha la capacità di essere biodegradabile e per nulla tossica per il corpo. In pratica la ferritina funzione da trasportatore di farmaco. Per far sì che possa essere in grado di rilasciare il chemioterapico esclusivamente nelle parti desiderate, la ferritina viene dapprima aggregata ad un anticorpo monoclonale specifico per le cellule del melanoma. Poi, quando ha a disposizione questo guida che lo porta esattamente all'obiettivo, il nanovettore viene caricato con il farmaco che viene quindi rilasciato esclusivamente là dove davvero serve. Il risultato che si spera di ottenere in futuro è duplice: da un lato rendere più efficace il trattamento, dall'altro limitarne la tossicità.
Combattere il cancro