domenica 24 maggio 2015

Dall’iprite all’immunoterapia, la lunga strada della lotta al cancro


Serendipity. Quando una bomba all'iprite colpì una nave alleata nel porto di Bari, si notò subito un crollo numerico dei leucociti nei sopravvissuti. Nacque così l'ipotesi della prima chemioterapia per il trattamento dei linfomi e forse anche la storia dell'oncologia moderna, che viene ripercorsa da Silvio Monfardini, direttore del Programma di Oncologia Geriatria al Palazzolo-Don Gnocchi di Milano. Il trattamento con derivati dell'iprite diventa così una prima forma di chemio, pur se non riesce a bloccare del tutto la malattia. Ma la strategia allora è quella di trovare sostanze in grado di essere più attive sul tumore ma meno tossiche, anche perchè poco si sa sulla biologia della cellula tumorale. Allora nasce, proprio in Italia, l'adriamicina, che grazie alla scuola milanese diventa uno strumento importante tanto da aprire anche la strada alla terapia neoadiuvante. Somministrando il farmaco prima dell'intervento, si migliorano ancora i risultati che iniziano ad essere significativa con la completa sparizione del tumore mammario. Poi, con l'inizio del nuovo secolo, secondo Monfardini si apre la strada delle terapie mirate. Non si colpiscono più cellule a caso, tra cui quelle cancerose, ma solo quelle che portano "stimmate" specifiche che le rendono riconoscibili. Attenzione però: il tumore sta imparando a difendersi e a cambiare bersaglio. Il prossimo futuro? Probabilmente sarà nell'immunoterapia.
Da edott

venerdì 22 maggio 2015

La diagnosi di tumore si farà con una App?


A prima vista può sembrare un sogno. Ma non lo è. In futuro, forse, per fare lo screening del tumore maligno del collo dell'utero potrebbe arrivare grazie ad una semplice app dello smartphone. A farlo pensare è l'applicazione studiata a Boston, che potrebbe essere di grande utilità nei Paesi del terzo mondo dove la forma tumorale è particolarmente diffusa e le potenzialità di screening possono risultare estremamente complesse. Secondo quanto riporta la rivista dell'Accademia Nazionale delle Scienze americana Pnas, la diagnosi a distanza potrebbe essere possibile grazie ad un semplice campione di sangue o tessuto che viene fotografato dallo smartphone per essere inviato poi ad un server dove vengono decodificate le immagini. Attenzione però: lo smartphone non è in grado di offrire immagini come un microscopio, e quindi diventa necessario "segnalare" le potenziali unità maligne. Questo viene fatto attraverso microsfere che vengono aggiunte ai campioni, e "colorano" diversamente le cellule maligne perché si agganciano ad essere. I potenziali vantaggi della tecnica sono molteplici, a partire dal costo, che potenzialmente potrà abbassarsi ma già oggi è molto competitivo: 1,70 euro per controllo.
Da edott

mercoledì 20 maggio 2015

Tutti i pericoli del “tecnostress”


Pensatela come volete, ma la necessità di essere sempre connessi per ricevere mail oppure per chattare con gli altri sui socila media può diventare motivo di stress cronico. La causa della tensione andrebbe ricercata nel bisogno di non staccare mai la spina e a vivere sempre accelerati, come se un breve rallentamento del ritmo facesse perdere la capacità di essere presente, nella vita e sul lavoro. Secondo un sondaggio il 22 per cento dei connazionali vive nell'ansia costante di essere sempre connesso e spesso proprio a questa "sindrome" si associano più facilmente problemi come insonnia, cefalee e problemi digestivi. "Lo stress deriva non tanto da reali situazioni di pericolo, quanto dalla distanza che esiste tra il nostro ritmo di vita e quello che la nostra fisiologia richiederebbe, che rappresenta un vero e proprio social jet lag - spiega Piero Barbanti, Primario Neurologo dell'Istituto Scientifico San Raffaele Pisana di Roma. Il nostro cervello è una macchina più lenta di quello che pensiamo, come è lento il ragionamento che ci permette di comprendere e metabolizzare gli eventi, consentendoci di neutralizzarli e proteggendoci dallo stress". Secondo l'esperto, le donne sono a rischio maggiore, pur avendo maggiori capacità di resistenza allo stress. Il momento di difficoltà più significativo per il gentil sesso coincide con l'avvento della menopausa, quando gli ormoni cessano di stimolare recettori cerebrali specifici rendendo la donna più soggetto allo stress.
Da edott

lunedì 18 maggio 2015

Con i microRna diagnosi precoce per il tumore polmonare


Arrivare presto con la diagnosi è la strategia vincente per le neoplasia. A questa regole non sfugge il carcinoma polmonare, che tuttavia solo difficilmente viene riconosciuto nelle primissime fasi, quando anche la prognosi potrebbe essere migliore. Proprio questa difficoltà nell'individuare la neoplasia spiega come mai si tratti di un big-killer. Su questo fronte, tuttavia, una buona notizia viene dall'Istituto europeo di Oncologia di Milano. Grazie ai test sui microRna, potenzialmente eseguibili anche su un semplice campione di sangue, si riesce a riconoscere il "segno" biologico della neoplasia e quindi procedere ad un ulteriore controllo, la Tc, in grado di confermarla. A quel punto, anche l'approccio terapeutico diventa più sostenibile per il paziente, visto che la neoplasia può essere affrontata anche con metodiche mininvasive. Lo studio dei ricercatori milanesi sul tema verrà pubblicato sul prossimo numero di Journal of the National Cancer Institute e rappresenta un passo avanti nelle potenzialità diagnostiche di questa malattia. Per giungere a questa opportunità gli studiosi hanno preso in esame i microRna nel sangue di 1115 fumatori ed hanno scelto i 19 microRna da valutare, tra i 200 apparentemente disponibili. In base a questo test, che potrebbe essere effettuato anche sulla saliva, si individuano i soggetti che necessitano della Tc e si avviano ad un esame approfondito di questo tipo. Radioterapia: il tè verde per i bruciori della pelle Materiale editoriale - Descrizione e modalità di aggiornamento L'applicazione sulla pelle di un estratto di tè verde giova alle lesioni, simili a scottature da sole, provocate dalla radioterapia. Salute del Corriere della Sera segnala uno studio dell'Università di Friburgo. «Il rimedio, testato su sessanta malati di tumore in trattamento, ha stimolato i processi riparativi» scrive Salute.
Da edott

sabato 16 maggio 2015

Sigaretta pericolosa anche per la vescica


Che il fumo possa rappresentare un fattore di rischio per numerose patologia, oncologiche e non, è ormai chiaro. Ma spesso non ci si ricorda che anche organi spesso considerati "indenni" dall'azione del vizio possano essere toccati da questa abitudine. E' il caso della vescica, come ricorda l'urologo Erasmo Castagnoli. Il meccanismo tra origine dalla stessa azione del rene, che ha il compito di eliminare i composti nocivi presenti nel sangue. Nella vescica, poi, queste permangono per un tempo prolungato, fino alla minzione dopo essersi depositate progressivamente e continuamente nel corso del tempo. La mucosa vescicale risulta quindi esposta all'azione dei metaboliti nocivi del fumo, con evidenti ripercussione sullo stato di salute dell'organo stesso. I composti potenziale favorenti l'insorgenza della neoplasia sono infatti in grado di determinare una un danno sulle cellule dell'urotelio, con un aumento del rischio di trasformazione neoplastica. Pur se va sempre ricordato che esiste anche una spiccata componente genetica in grado di favorire lo sviluppo del processo neoplastico, quindi, rimane da tenere presente una realtà spesso sottovalutata: il fumo può davvero essere nocivo anche per l'apparato urinario, e in particolare per l'organo che naturalmente ha il compito di essere "contenitore" per l'urina.
Da edott

giovedì 14 maggio 2015

Tutti i segreti della fibromialgia


Il sintomo chiave è il dolore. Colpisce ossa, muscoli e articolazioni, e apparentemente non ha motivazioni chiare. Oggi però la scienza ha aperto uno squarcio sulla fibromialgia, patologia che colpisce circa due milioni di italiani ed è stata al centro di un convegno tenutosi ieri a Verona. L'obiettivo dell'associazione Aisf onlus è duplice: da un lato contribuire a far innalzare le conoscenze sulla patologia, spesso non diagnosticata, dall'altro fare in modo che questo quadro rientri finalmente nei Lea e quindi le prestazioni diagnostiche e terapeutiche possano finalmente rientrare tra quelle erogate dal sistema sanitario nazionale. Su questo fronte, il Veneto rappresenta una regione all'avanguardia considerando che la Regione ha già riconosciuto la fibromialgia come patologia ad alto impatto sociale e sanitario. La sfida è ora far sì che un simile riconoscimento giunga anche su scala nazionale. Sul fronte clinico il quadro, che interessa soprattutto le donne, è legato ad una disfunzione dei neuromediatori del dolore. il picco si osserva tra i 30 e i 40 anni ed è caratterizzato da algie muscoloscheletriche diffuse che si accompagnano ad una forte astenia. Possono poi intervenire problemi nel ritmo del sonno, ansia, depressione e disturbi genito-urinari. La complessità della patologia porta a trattamenti mirati, che spesso prevedono l'impiego di antidepressivi e antiepilettici.
Da edott

martedì 12 maggio 2015

Quella dieta ci salverà dall’Alzheimer?


La "Mind Diet", messa a punto dall'epidemiologa Martha Clare Morris, arriverebbe a dimezzare il rischio di andare incontro alla malattia degenerativa. Rappresenta una sorta di cocktail tra la classica dieta mediterranea e la Dash, utile per la prevenzione dell'ipertensione. E' un'alimentazione sana che può contribuire a ridurre il rischio, ma la ricerca che ne dimostra l'efficacia va comunque letta "cum granu salis". In primo luogo, infatti, lo studio apparso su Alzheimer and Dementia non tiene in considerazione un aspetto fondamentale nella genesi della patologia, ovvero la familiarità, che rappresenta il fattore di rischio più significativo. A ricordarlo è Massimo Tabaton, docente di Neurologia presso il Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Genova, che pure rileva come alcune delle persone inserite nello studio osservazionale avrebbero potuto avere nel cervello le prime alterazioni patologiche inespresse sotto il profilo clinico. In ogni caso, la protezione alimentare per la demenza va tenuta presente perché sicuramente esiste un effetto antiossidante ed anti-aterosclerosi di alcuni alimenti consigliati. "Ad esempio si sa che i vegetali sono ricchi di principi antiossidanti, potenzialmente in grado di contrastare lo stress ossidativo che aumenta la produzione della proteina beta-amiloide, che si deposita nel cervello in caso di malattia - precisa Tabaton. Inoltre un'alimentazione sana consente di limitare i potenziali fattori di rischio per problemi vascolari come infarto e ictus: quindi nutrirsi con alimenti che riducono il pericolo di danni alle arterie è sicuramente positivo anche per il contrasto alle malattie neurodegenerative".

domenica 10 maggio 2015

Il cortisone aumenta il rischio di pancreatite


Il cortisone aumenta il rischio di pancreatite acuta. Lo dimostra uno studio del Karolinska Institutet, pubblicato su Jama Internal Medicine. I ricercatori hanno studiato seimila pazienti con diagnosi di pancreatite acuta tra il 2006 e il 2008, e li hanno confrontati a 61mila soggetti sani di controllo. Il rischio di pancreatite acuta è più elevato per chi ha assunto cortisone per un periodo prolungato. «In ogni caso non è stato riscontrato un aumento del pericolo per le persone che hanno assunto questa sostanza in aerosol, come accade con gli inalatori anti-asma - precisa Omid Sadr-Azodi, responsabile della ricerca - ma è importante che le persone che iniziano un trattamento a base di cortisone ricevano la raccomandazione di evitare gli alcolici e il fumo, due fattori di rischio per la pancreatite acuta».

venerdì 8 maggio 2015

Se asma e rinite derivano da allergie alimentari


La pneumologia si concentra sulle allergie alimentari in relazione al loro rapporto con le malattie respiratorie e in particolare con l'asma. Tra le allergie, quella a cui è necessario fare più attenzione sia nel caso di bambini, sia per gli adulti, è quella alle uova. «L'allergia alle uova, infatti, - spiega Nunzio Crimi ordinario di Pneumologia all'università di Catania - è spesso collegato alle allergie respiratorie nei bambini. I pazienti, anche adulti, che hanno problemi con alcuni alimenti e anche asma rischiano maggiormente reazioni anafilattiche. Chi assomma in sé questi disturbi ricorre sei volte di più al pronto soccorso per le forme più gravi di asma». Gli esperti hanno steso un elenco degli alimenti. Per i bimbi da 0 a 3 anni sono latte e uova, con eczema, orticaria, vomito, diarrea. Da 1 a 3 oltre al latte e le uova anche le nocciole e arachidi. Nella fascia 3-4 anni si aggiungono il grano, la soia e la frutta, provocando disturbi gastrointestinali, asma, rinite ed eczema. «I segnali - aggiunge Crimi - si dividono in sintomi gastrointestinali, cutanei, respiratori e asma bronchiale fino allo choc anafilattico. I fattori che provocano principalmente le allergie sono il consumo eccessivo di un cibo ma anche una predisposizione genetica». Nei Paesi scandinavi si segnala un aumento di allergia al pesce, negli Usa alle arachidi, nei Paesi mediterranei a crostacei e molluschi, le lumache in Portogallo, il sedano nella Svizzera tedesca, la frutta fresca e i vegetali nell'Europa del Sud.

mercoledì 6 maggio 2015

Allergia, probiotici alla madre per proteggere il bimbo


Arrivano nuove informazioni per la prevenzione delle manifestazioni allergiche. Si tratta di indicazioni estremamente interessanti, che possono essere definite vere e proprie linee-guida. Giungono da una ricerca condotta a Toronto, Tokyo e Roma, e sono state pubblicate sul World Allergy Organization Journal. In sintesi, ecco quanto emerge dallo studio clinico: per allergie alimentari, asma, rinite e dermatite atopica si può effettuare una prevenzione prenatale attraverso l'azione dei probiotici ingeriti dalla madre. Questa sintesi è il risultato di un'analisi che ha considerato 15 studi sull'eczema atopico nei bimbi, ventuno trials su donne in gravidanza, otto lavori sull'asma e ben 622 ricerche sui possibili effetti indesiderati del trattamento. Le ricerche hanno messo in luce l''utilità del trattamento per le manifestazioni cutanee allergiche, come eczema e dermatiti, e un effetto meno significativo ma comunque presente sulle altre patologie di natura allergica. Secondo le nuove linee guida "i probiotici danno risposte immuni e il loro uso integrato può essere proposto come intervento preventivo. Secondo Alessandro Fiocchi, responsabile dell'Allergologia dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma, "I pediatri, oltre alla vitamina D, inizieranno a suggerire alle madri di utilizzare probiotici per abbassare i rischi di allergia dei loro figli".

giovedì 30 aprile 2015

Nuovo sito di micomedicina Online !!


Nuovo sito di Micomedicina online ! nuove funzionalità e compatibilità anche per dispositivi mobili www.micomedicina.com...
Posted by Micomedicina on Giovedì 30 aprile 2015

mercoledì 29 aprile 2015

Seguire gli spostamenti con cellulare per fermare le malattie


Il cellulare, in alcuni casi, potrebbe rivelarsi un'arma efficacissima per offrire risposte rapide in caso di emergenze legate a patologie da parassiti. In che modo? Semplice. Controllando i dati sul traffico dei telefonini si potrebbe infatti monitorare i tassi di infezione e diffusione delle infezioni, visto che questi sono influenzati dagli spostamenti. A valutare questa ipotesi saranno i ricercatori del Policlinico di Milano insieme a scienziati della Università di Stanford.

lunedì 27 aprile 2015

Quel verme riconosce il cancro?


Niente test ultrafini, nessun procedimento invasivo. Per la diagnosi precoce del tumore un aiuto potrebbe venire dalle capacità di alcuni vermi di riuscire a percepire attraverso il loro olfatto la presenza di composti rilasciati nelle urine dei soggetti che presentano una neoplasia. I vermi "detective" sono quelli della famiglia dei Caenorhabditis elegans e lo studio sulla loro capacità di individuare la presenza di neoplasie nelle urine dei malati è testimoniata da una studio condotto in Giappone e pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One. Addirittura i ricercatori orientali hanno dato un nome alla nuova tecnica diagnostica del tutto non invasiva: Nematode Scent Detection Test. In pratica l'esame si svolge in maniera molto semplice. I piccolissimi vermi si avvicinano alle gocce d'urina di chi è malato di tumore, mentre non hanno alcuna reazione quando vengono posti in prossimità di urine provenienti da persone sane. L'originale test è stata valutato su quasi 250 volontari, un decimo dei quali era effettivamente malato di tumore. La positività della risposta al test si è avuta nel 95,8 per cento dei pazienti con tumore, a prescindere dalle sedi in cui si era sviluppata la neoplasia: i vermi hanno riconosciuto sia casi di tumore allo stomaco che alla prostata, oltre che alla mammella e al pancreas. Ora si tratta solo di "approfondire" le ricerche, per tentare di capire se esistono stimoli odorosi particolari per i vermi in caso di specifici tumori. Ma la ricerca va avanti a grandi passi.